Nella nostra chiesa di Santa Croce il 3 ottobre 2025 abbiamo celebrato i primi Vespri della solennità di San Francesco. Pubblichiamo l'omelia di don Franco Bartolino.
Dal Libro dei Numeri leggiamo: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Nm 6:22-27).
La pace, miracolo fragile infranto mille volte in ogni angolo della terra e la nostra speranza è oggi la pace, ma non può essere un rito celebrativo perché se non ci scomoda, se non ci fa stare sulle spine, se non ci induce a salire sulle barricate, se non ci sollecita a scelte che costano, saranno solo buone emozioni.
Gravi situazioni di non pace sono presenti nel mondo. Le logiche della guerra imperversano ancora e dai campi di battaglia hanno traslocato sui tavoli di un’economia che massacra i poveri. “Il commercio delle armi non accenna a fermarsi” (Papa Francesco), la violazione dei diritti umani espressa su popoli interi continua a turbarci e ogni operazione di guerra e ogni violazione della giustizia si tramutano in allucinanti serbatoi di paure cosmiche.
Per dire basta alla guerra è necessaria la forza della pace e per dire pace è necessario dire amore. Dire amore è accantonare la morte, l’odio, l’indifferenza e dire amore è dire vita. Dire vita è non cedere il passo alla morte, alla violenza, all’indifferenza, alla paura. Dire vita è dire cura, è mano che rialza e parola che conforta.
Dire basta non basta! È necessario disarmare e il disarmo non lo si fa giocando al più forte e abbattendo il più debole. Il disarmo avviene nella cura della relazione autentica, vera, concreta perché il disarmo moltiplica, non divide; avvicina, non allontana. Il disarmo avviene nella forza della verità e come sempre la prima vittima di ogni guerra è la verità. Le armi non hanno parola, le armi hanno solo il fragore che uccide: sono la morte della parola, perciò gridiamo ancora più forte questa sera: tacciano le armi.
Stiamo vivendo in uno scenario triste e scoraggiante ma non dobbiamo lasciarci sopraffare dal senso d’impotenza perché è giunto il tempo di imparare a resistere!
Quanto stiamo vedendo in Tv e leggendo dai giornali in questo tempo è atroce, ma ancora più atroce è trovarsi nelle situazioni di cui noi stiamo conoscendo a distanza. Atroce è ritrovarsi un figlio morto tra le braccia; atroce è non avere più casa, non avere più pane, non vedere più alcuna speranza di futuro. Questi nostri fratelli e sorelle palestinesi e ucraini hanno perso casa, pane e vita. Questi nostri fratelli e sorelle sono diventati fratelli e sorelle di sangue, di dolore e portiamo tutti lo stesso strazio nel cuore.
C’è una guerra non dichiarata, ancor più pericolosa, ipocrita, subdola nascosta: l’economia dei grandi monopoli e delle grandi ricchezze non è mai innocente rispetto a tutto quello che sta avvenendo. La pace senza giustizia non fa che produrre altre guerre. Ci sono stati troppi che hanno detto e che si sono augurati di essere equidistanti, ma noi vogliamo essere equivicini. Equi per una soluzione giusta, perché ci sia rispetto dei diritti, della libertà e della dignità per tutti: questo è un dovere di civiltà perché non è possibile assistere impassibili ai massacri e alle esecuzioni.
Spesso si uccide con una parola, con uno sguardo e anche con il non detto, con il non fatto, con il non veduto. Allora, per dire basta bisogna prendere con sé il dolore dell’altro; afferrare ogni grido di disperazione, sentire il proprio sangue impastarsi con le lacrime di quella gente. Se in quei prigionieri non riusciremo a scorgere la nostra stessa carne, non potremo mai liberarli. Se quel dolore lo guardiamo soltanto dai nostri tablet o dalle riviste che leggiamo comodamente dalle poltrone di casa nostra, non siamo degni di poter dire: basta!
Verrà la pace se sapremo avere pensieri di pace, sogni di pace, parole di pace, gesti di pace; nella quotidianità, in famiglia, con gli amici, nei luoghi del lavoro, sui social. La pace non può venire all’improvviso, viene se ci saranno piccoli passi quotidiani a costruirla.
Verrà la pace se sapremo riconoscere in chi abbiamo accanto un fratello, una sorella da accogliere e da amare.
Verrà la pace se non ci pieghiamo alla logica del potere e dell’opportunismo, ma restare dalla parte della verità e della giustizia anche quando questo comporta fatica, anche quando questo ci chiede di dover fare un passo indietro.
Verrà la pace se per primi riusciremo a coltivare dentro di noi sentimenti di bene, di custodia della vita e proviamo a costruire percorsi di rinnovata speranza.
Due sono i segni che fanno prevalere la speranza sulla tristezza dei presagi: il primo è il volto del Padre. Dobbiamo camminare alla luce del suo volto e, riscoperta la tenerezza della sua paternità, impegnarci nell’osservanza della sua legge.
Preghiera Semplice
Signore, fa di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa ch'io porti amore,
dove è offesa, ch'io porti il perdono,
dov'è discordia ch'io porti l'unione,
dov'è dubbio fa' ch'io porti la fede,
dove è l'errore, ch'io porti la verità,
dove è la disperazione, ch'io porti la speranza,
dove è tristezza, ch'io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch'io porti la luce.
Maestro, fa che io non cerchi tanto ad essere compreso,
quanto a comprendere.
Ad essere amato, quanto ad amare.
Poiché: è dando, che si riceve,
perdonando che si è perdonati,
Morendo che si risuscita a vita eterna. Amen.
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