In questa quinta domenica di quaresima è il Vangelo di Giovanni (8,1-11) ad accompagnarci. Abbiamo percorso con Gesù questo cammino che ci ha visti protagonisti delle nostre scelte anche nel deserto delle tentazioni e ci ha fatto poi sperimentare la luce del Tabor. E poi abbiamo contemplato la pazienza di Dio che non esita a dare tempo al fico sterile e anche alle nostre vite spesso lente nel portare i frutti. Dopo aver sperimentato l’abbraccio che avvolge di misericordia, oggi -ancora una volta- siamo chiamati a fare la nostra scelta, decidere da che parte stare.

In questa pericope giovannea l’adultera, che è posta in mezzo per essere lapidata. non è la vera e unica protagonista. I dottori della legge non avvertono inquietudine per una donna che sta per essere lapidata. No, questo non inquieta i cuori induriti dalla legge. Quello che li mette in crisi, quasi in angoscia, è Gesù con il suo pensiero che non si può ingabbiare, con la sua schiettezza e misericordia che sono come una lancia ormai insopportabile per loro. Con quella domanda insidiosa e con un fatto concreto, la donna trovata in fragrante adulterio, pensano di averlo finalmente incastrato. “Tu che ne dici”? …Come sempre Gesù non è contro niente e nessuno, non è contro la legge, non è contro nessun uomo mai, ma è certamente contro l’agire senza cuore. Non ci sta di fronte a questo desiderio di lanciare le pietre subito, di condannare senza esitare. E allora arriva la risposta: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Fate pure, questa donna è peccatrice, va lapidata ma ogni pietra lanciata deve essere preceduta da una riflessione: io chi sono? Ora potente perché ho un sasso in mano.  Ma chi sono quando sperimento tutte le mie miserie, fragilità, i miei peccati? All’improvviso le parole di quest’uomo fanno ritornare al cuore, fanno comprendere che non si è potenti lanciando pietre. Ci rendono forti i gesti del cuore e non quelli della cieca obbedienza alla legge.

Tutto crolla di nuovo, le pietre non servono più, hanno perso la loro forza, hanno perso proprio il senso, perché non ha più senso puntare il dito, accusare, emettere sentenze, nessuno ne è veramente degno. Gesù risponde ai suoi provocatori, salva la donna che sta per essere lapidata, ma soprattutto libera tutti noi da noi stessi, da tutti i tribunali che innalziamo per condannare gli altri e non guardarci mai dentro, non tornare mai all’essenziale. Ci alleggerisce la risposta di Gesù da tutte le pietre lanciate e quelle che sono lì pronte, ci libera dal facile giudizio e ci invita a comprendere. Gesù ci libera dalle nostre pietre e anche da quelle degli altri. E così questa donna torna a rivivere. Gesù, l’unico senza peccato, non la condanna. “Neanch’io ti condanno; d’ora in poi non peccare più”: non condanna ma apre al futuro. Per Gesù il peccato non è l’essenza dell’uomo, non è l’ultima parola. Il perdono è la vera forza, l’unica capace di rendere forte anche l’altro, l’unica a ricordarci che siamo fatti per amare e non per condannare.

Sr Giuliana Imeraj

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