Il vangelo di questa domenica ci presenta un insolito incontro, al luogo e all’ora sbagliata, anche con la persona sbagliata: una donna, straniera, samaritana.  Un incontro dovuto alla stanchezza di Gesù apparentemente, alla sete, alla voglia di fermarsi, al desiderio di freschezza, al bisogno di ristoro.  Gesù desidera l’acqua e il riposo, ma ancora una volta darà molto di più di quanto desidera… La Samaritana è una donna abituata a relazionarsi, intraprendente nei discorsi, questo Gesù la mette tuttavia in difficoltà. “Come mai tu che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?” Qualcosa non torna, è chiaro che  Gesù ha infranto già diverse regole.

«Dammi da bere», non importa che il pozzo è quello di Giacobbe dove i samaritani attingono, non importa chi è colei alla quale lui chiede, non importa nulla. A Gesù importa cogliere questo momento, trasformare questo incontro in un evento di salvezza per questa donna straniera e sconosciuta.  C’è una sete di Dio di incontrare l’umanità sulle sponde di qualsiasi pozzo; ha sete di stabilire alleanze, creare ponti, tirare fuori il bello e il buono di ogni creatura.

Dammi da bere! in questo imperativo c’è l’esigenza che Gesù sente di far conoscere il suo dono, il dono che Lui è…se tu conoscessi il dono! La vita di questa donna è una vita spezzata in tanti rapporti, ma nessuna stabilità. Piena di legami che l’hanno resa schiava, svuotata di senso, dignità, di un nome. La donna va ad attingere acqua  a mezzogiorno, fuori orario, quando non va nessuno, perché lei per tutti è nessuno, per tutti ma non per Gesù. Questo “fuori orario”, si rivelerà il tempo della grazia per lei, momento favorevole per incontrare il Messia e grazie a Lui incontrare la verità di se stessa. Perché quando si è davvero di fronte a Dio nulla di noi ci fa più paura, il passato riprende i suoi contorni e si ridimensiona, non impedisce alla vita di avere presente e futuro.

Tutto questo passa per un momento di confusione, è il primo effetto che scaturisce dall’incontro con Gesù. Di fronte a chi mi trovo? Un profeta, un Messia? E poi tutto quello che già si sa: la legge, i comandamenti, le usanze del proprio popolo. Sappiamo che dobbiamo adorare Dio sul monte e invece? Benedetta confusione che fa cadere tutte le impalcature che imprigionano Dio in tradizioni e precetti!  È Dio stesso a liberarci da tutto questo; “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre.  Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”.  Non più i luoghi, nè i monti, né i tempi, ma una persona: l’uomo Cristo Gesù, nello Spirito e nella verità.  E quando l’incontro si compie in questa dimensione profonda, quando si tocca la radice e si abbraccia l’essenziale avviene veramente una trasformazione, si lascia la propria anfora lì, vuota, perché è la vita che è piena e si corre. Si corre perché ogni incontro con il Signore spinge incontro ai fratelli. Annunciare diventa un’esigenza dell’anima; diventare testimoni è conseguenza logica di un evento di grazia che ha invaso la vita e che si ripeterà sempre per chiunque accoglie la parola di salvezza e Gesù come salvatore del mondo.

Suor Giuliana Imeraj

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