Tutti gli anni la liturgia dedica questa domenica pasquale a presentarci Gesù nell’immagine – simbolo del “buon pastore”.  Il vangelo di questa domenica è molto chiaro: le pecore sono il popolo di Dio che vive nel recinto della morte e che chiamato dal pastore “bello”, deve venir fuori verso i pascoli della vita eterna che lui solo può dare.

Per uscire c’è bisogno di ascoltare la sua voce, la sua Parola che libera e salva. Il pastore entra in questo recinto attraverso la porta: è di casa! Chiama le pecore una ad una perché con ognuna di esse ha una relazione profonda di comunione e postosi davanti a loro apre il cammino per la libertà. Chi non entra per la porta, chi non ha cura del bene delle pecore, chi le considera solo un mero possesso di cui servirsene è un brigante, non è di casa ed entra per forza nel recinto per spadroneggiare sulle pecore e non per dare vita in abbondanza. In queste poche parole Gesù sta ricordando ai suoi uditori che i farisei, i quali non avevano accolto né compreso il miracolo accaduto al cieco nato, spadroneggiano su di loro “imponendo pesanti fardelli” che tolgono loro la vita. Lui, invece, il Signore desidera radunare le pecore affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Questa è la bellezza della Parola che ogni domenica ci viene proclamata. Attraverso essa il Signore ci parla e noi se abbiamo familiarità con lui, ne riconosciamo la voce e lo seguiamo ovunque egli vada con la certezza di essere accompagnati lungo il sentiero della vita.  Vigiliamo su questo dono. Ascoltiamo con attenzione la sua voce, facciamone tesoro e scopriremo i pascoli della comunione nei quali ognuno di noi potrà ritrovare la propria relazione di figlio e di fratello.

Non ascoltiamo voci che ci conducono lontano dal Signore e che ci fanno sperimentare quella morte interiore che spesso abita nel cuore di ciascuno di noi.

Suor Simona Farace

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