“Degno di me” è il ritornello che Gesù ripete per ben tre volte in questa piccola pericope tratta dal discorso missionario del vangelo di Matteo. La salvezza è l’amore per il Signore più grande di qualsiasi affetto. Chi lo accoglie diventa come lui…figlio del Padre e fratello dell’umanità.

Nessun affetto può divenire così importante da tramutarsi in idolo che offusca lo sguardo tra noi e il Signore. Non si tratta semplicemente di sentimentalismo o di sforzo personale ascetico bensì della totale appartenenza a lui attraverso scelte che portino al superamento dell’amore fatto di possesso e all’apertura all’amore fatto di dono. Questo significa prendere la croce: condividere la logica di chi come Il signore e con il Signore è capace di assumere su di sé tutto il male ricevuto senza il desiderio di restituirlo. Come sarà possibile questo? Camminando dietro a lui che per primo ha vissuto tutto ciò per noi per liberarci da ogni forma di male e di possesso che ottenebra la nostra vita. Ognuno quindi è chiamato a portare la propria croce, a vivere le proprie sofferenze e le proprie rinunce che portano al dono di sé nel servizio per gli altri.

Solo quando doneremo la vita, solo quando la perderemo la potremmo ritrovare perché vivere è amore e amare è dare gratuitamente così come gratuitamente abbiamo ricevuto. Se invece vogliamo possedere la vita seguendo lo stile dettato dall’egoismo, uccidiamo la vita filiale e fraterna e troveremo così la morte. Seguendo il maestro il discepolo impara a staccarsi da una vita proiettata solo su se stesso per mettere al centro il regno di Dio e la sua giustizia. Così, insieme a lui e come lui, il discepolo si pone in cammino per narrare la bontà di Dio, i suoi magnifici doni, la bellezza del suo amore che è sempre dono di prossimità solvente.

Chi lo accoglierà riceverà la sua ricompensa entrerà nel regno e sperimenterà la gioia e la bellezza della relazione con il Padre e con i fratelli.

sr Simona Farac

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