Il brano evangelico odierno ci propone un bellissimo inno di ringraziamento e di lode di Gesù al Padre, in cui rivela il suo mondo interiore, dentro un’emozione traboccante, davanti alla gioia dei discepoli, che Gli raccontano i prodigi avvenuti durante la missione di evangelizzazione, che Egli stesso aveva loro affidato.  “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli…”. I sapienti e i dotti di quel tempo avevano creato una serie di leggi attorno alla purezza legale, imponendole  al popolo in nome di Dio, pensando che Egli esigesse tutte quelle osservanze per donare la  pace. La legge dell’amore, rivelata da Gesù, invece, afferma tutt’altro. Egli ci insegna che quello che conta, non è ciò che facciamo per Dio, ma piuttosto quello che Lui fa per noi, donandoci l’opportunità di aprire il nostro cuore ai poveri e ai piccoli dei nostri giorni; pensiamo agli immigrati, ai giovani senza valori, ai poveri in spirito che non hanno mai sperimentato la gioia, la bellezza e la profondità dell’incontro con Dio. Innanzitutto insegna a pregare: Egli stesso prega molto! Prega con i discepoli, con il popolo, da solo, durante la notte.

Invita a sé tutti coloro che sono stanchi e promette loro riposo e ristoro. Egli è la via per poter capire la realtà del Regno, offre il suo esempio di mitezza e di umiltà: “Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore…si fa vicino ai piccoli e ai poveri, a coloro che nessuno accoglie e riconosce.  La piccolezza interiore, che ha il nome dell’umiltà e della mitezza, racchiude le condizioni necessarie ed ideali per saper riconoscere il Signore come via, verità e vita e mettersi alla sua sequela, con decisione e generosità. Ma essere piccoli e miti, a livello umano, comporta stanchezza e sofferenza. Ecco perché Gesù si preoccupa di coloro che sono stanchi e oppressi: custodisce la loro serenità e li chiama a sé, offrendo un ristoro e un giogo dolce e leggero; la sua solidarietà e la sua concreta partecipazione lo rendono più vicino all’uomo di tutti i tempi. Gesù è il primo dei poveri, dei semplici, dei piccoli, dei miti; si carica per primo della croce e questa sua vicinanza rende sopportabile e leggera la croce di chi lo segue.

Nel suo modo di annunciare la buona novella, rivela una grande passione per il Padre e per l’uomo umiliato ed emarginato ed   invita tutti coloro che soffrono, sotto il peso della vita, a trovare in lui riposo e sollievo. “Venite a me” è l’invito che oggi il Signore rivolge a ciascuno di noi, forse affaticato ed oppresso da varie prove; Egli viene   per essere il medico e la medicina, il ristoro, la salvezza, la gioia vera. Affidiamoci alla sua bontà e misericordia e preghiamolo, facendo nostre le parole del Salmo:

“Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio  a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia”.(Salmo 132)

                                                                       sr Annafranca Romano

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