Siamo ormai alle porte del Natale e a prepararci a questa ultima settimana di attesa è la figura di Giovanni Battista presentataci dall’evangelista Giovanni. La predicazione di Giovanni Battista e il suo battesimo di penitenza hanno suscitato scalpore e molto interrogativi, la sua è una presenza enigmatica e scomoda, difficile da definire. “Tu chi sei?”, una domanda che esprime disagio e preoccupazione, sfugge qualcosa ai sacerdoti e leviti che vanno da Giovanni per informarsi di persona, troppe le voci intorno a questo personaggio, bisogna fare chiarezza. Non è facile riconoscere i profeti e i testimoni, ci può essere il rischio di confondergli con le proprie attese. Quando si è troppo sicuri su chi si attende e su come deve essere colui che si attende è difficile accorgersi della novità. I giudei avevano il sentore che Giovanni fosse il Messia e vogliono vederci chiaro.
Chi sei dunque? I veri profeti sanno chi sono e non hanno paura di dirlo, hanno la chiarezza nel cuore e nelle parole. È proprio dei profeti non confondere ma indicare, riconoscere il proprio ruolo passeggero e secondario e saper uscire di scena. Questo è Giovanni Battista, il vero uomo mandato da Dio per testimoniare la luce. Non gli interessano i grandi nomi della storia di Israele, non lo lusinga probabilmente il fatto di essere stato confuso con Elia e con il Cristo, piuttosto gli preme dire chi lui non è affinché lo sguardo non si posi su di lui ma su chi deve venire. Le risposte di Giovanni insegnano che non si è mai ciò che gli altri pensano e a contrapporre al “IO SONO” il coraggio di dire “IO NON SONO”, perché ci definisce veramente la missione che abbiamo e lo stile con cui la portiamo a compimento. “Io sono voce di uno che grida nel deserto” …non è certamente roba da poco continuare a gridare nel deserto dei cuori chiusi, delle coscienze assopite, delle intelligenze incapaci di guardare dentro le cose.
Questa voce non smette di dire la verità, di invitare ad aprire gli occhi: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo” Proprio questa la fatica più grande: accorgersi del Dio che è in mezzo a noi! …Farisei, giudei, leviti lo siamo tutti, incapaci di scorgere il nuovo e se, qualche volta, lo si è intuito per paura si è tentato di “normalizzarlo”. Proprio così, normalizzare tutto, anche la presenza di Dio, e quando comincia a compiere prodigi dentro di noi e intorno a noi si minimizza dicendo che è il figlio del carpentiere. Non meno importante il rischio di “normalizzare” il Natale, l’Incarnazione di Dio nella storia che non facciamo più entrare nella nostra storia. Invece non è normale che un Dio scelga la terra e l’uomo: è la più grande e sconvolgente novità, viverlo significa contemplare il mistero e lasciare che ci interroghi e ci inquieti. L’incarnazione ci permette di dire noi chi siamo, ci abilita a dire che siamo terra amata, umanità redenta, popolo conquistato dalla potenza mite e fragile di un Dio che si fa bambino.
suor Giuliana Imeraj
III domenica di Avvento- “Venne un uomo mandato da Dio”…Ci definisce la missione che abbiamo nel mondo!
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