Dopo l’ascolto nella scorsa domenica delle parabole sulla misericordia, inizia oggi, XXV domenica del tempo ordinario, la lettura del capitolo 16 del Vangelo di Luca che è tutto incentrato sull’uso cristiano della ricchezza.

 La parabola di oggi, dell’amministratore disonesto, ci fa nascere spontanea la domanda sulla giustezza o meno della disonestà di quest’uomo.

Ma leggendo con attenzione ci rendiamo conto che Gesù non ne loda la disonestà, ma l’astuzia.

Gesù prende ad esempio quest’uomo per farci cogliere la sua furbizia; questi, avvertendo la gravità della sua situazione, anziché piangersi addosso o fuggire dalla realtà, la accetta e, facendo i conti con i propri limiti, cerca subito una soluzione, prendendo delle decisioni che gli possono assicurare il futuro.

Ha usato la ricchezza che il padrone gli ha affidata per farsi degli amici.

Il padrone, che è certamente Dio, non loda affatto l’inganno, ma l’astuzia in cui “i figli di questo mondo” sono più abili dei cristiani.

L’insegnamento di Gesù è molto chiaro: i beni sono un ostacolo insuperabile per il Regno; i ricchi, che non investono i loro beni per il Bene, non entreranno nel Regno dei cieli.

Il denaro, la ricchezza, ritenuto così pericoloso, può essere però convertito. Può diventare un tesoro per il Regno se è investito per la carità verso i fratelli.

Nella liturgia di oggi il Signore ci invita ad un discernimento di ciò che è essenziale veramente per la nostra vita in modo da separarci da ciò che ci allontana da Lui; tutto ciò che abbiamo viene da Lui ed è dono Suo.

Chiediamo al Signore di insegnarci a custodire i beni che ci ha affidato e a non sperperarli; la fedeltà a Lui e al Suo amore ci faccia custodi creativi, attenti e premurosi che sappiano mettere al centro delle proprie scelte l’altro e non noi stessi.

sr Maria Assunta Cammarota

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