Gesù si trovava in un luogo a pregare e i discepoli sentono il bisogno di chiedere a Gesù: «Insegnaci a pregare». Mi piace pensare che la prima vera preghiera che possiamo fare sia proprio questa: «Insegnaci a pregare». Gesù mostra ai discepoli non solo per cosa devono pregare, ma soprattutto “in che modo” pregare e con quale disposizione. Il “Padre nostro” è un concentrato di vangelo; dopo quella volta, nessun'altra preghiera è stata scritta che non fosse già racchiusa nel mistero di questa preghiera: la bellezza di Dio racchiusa in una preghiera. 

«Quando pregate, dite: Padre». Ciò che rende la preghiera di Gesù unica sta in un dettaglio: è una preghiera fatta a un padre, non a un Dio immobile che si gode la sua immensità lassù nei cieli. Carissimi, finché non facciamo questa esperienza di essere al sicuro tra le Sue braccia, saremo ancora nell'anticamera di Dio. 

«Sia santificato il tuo nome». Il verbo è al passivo: non si chiede che l'uomo rispetti il nome di Dio, ma che il Padre stesso faccia in modo che Egli sia riconosciuto Santo dagli uomini. Inchiniamoci e facciamo silenzio perché Lui è oltre, meravigliosamente e misteriosamente oltre. 

«Venga il tuo regno». Accada in me ciò che Lui vuole: è la possibilità di instaurare in me la “signoria di Dio”. Posso trasformare questa possibilità in realtà, con le mie scelte. Chiediamo di essere Suo strumento, perché si realizzi ciò che Lui vuole attraverso di me. 

«Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano». Gesù usa l'espressione che vuol dire il "pane che costruisce". Questa espressione si riferisce a qualcosa che va oltre al pane quotidiano. Come il cibo naturale mi fa vivere ogni giorno, ciò di cui mi nutro spiritualmente mi costruisce ogni giorno. Ogni giorno ho bisogno del pane dello spirito: un po' di silenzio, un po' di preghiera, una parola, una lettura, un abbraccio, uno sguardo. Nutrirsi ogni giorno di cose buone, di esperienze vere, di persone profonde: la felicità dipende da questa disciplina quotidiana. 

«Perdona a noi i nostri peccati, anche noi, infatti, perdoniamo a ogni nostro debitore». Il "pane" e la "saggezza" hanno in ebraico la stessa radice di "perdono". Il perdono è il pane quotidiano, è ciò di cui ogni giorno devo nutrirmi, è la mia veste di tutti i giorni con cui devo andare nel mondo, è la mia unica possibilità di essere felice. 

«Non abbandonarci alla tentazione». Questa traduzione è una delle possibili, non la sola. Il testo greco originario, ha letteralmente «non farci entrare, non portarci dentro la tentazione». In ogni caso, questo nuovo tentativo di traduzione era necessario affinché nessuno oggi fosse indotto a pensare che Dio ci tenti al male. Dio ci può sottoporre alla prova ma mai alla tentazione. 

Nella preghiera non otteniamo ciò che chiediamo ma ciò che il cuore desidera. Un suggerimento: come s'inizia a pregare? S'impara a pregare, pregando. 

 

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