Mt 20,1-16
Questo brano del vangelo di Matteo ci presenta una parabola sul regno dei cieli.

Il regno dei cieli è simile a un padrone che esce per le strade all’alba e chiama, chiama tutti e a tutte le ore, promettendo il giusto. Il regno di Dio ci viene subito presentato come il luogo aperto e sempre possibile, come la vigna dove ognuno può dare il proprio contributo, ognuno può sentirsi responsabile.

Il  padrone va a cercare e trovare gli operai  invitandogli a lavorare nella sua vigna, e al termine della giornata dà la giusta ricompensa.

Ai primi quanto accordato, quanto è giusto, agli ultimi quanto suggerisce il cuore. È la parabola della bontà disarmante, di quella bontà che non fa ingiustizie ma che nello stesso tempo non fa calcoli precisi, la bontà che supera la logica dello scambio ed entra nell’ottica dell’accoglienza e della misericordia. È una bontà che rovescia le prospettive, che non rispetta le logiche del prima e dopo. È una bontà che può addirittura irritare: ”siamo i primi, meritiamo di più…abbiamo sopportato il caldo della giornata” ma la risposta del padrone non ammette repliche, invita solo a riflettere, ad entrare in un’altra ottica. Non si entra nel regno dei cieli perché primi, ma perché chiamati e resi degni, per il cuore grande del padrone che ci recupera sui cigli delle strade  e non per i nostri meriti…perché gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.


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