Parlare della famiglia dal pulpito oggi, per noi preti, è divenuta una cosa complicatissima. Se difendi il modello tradizionale di famiglia basato sul matrimonio tra un uomo e una donna, aperto alla procreazione, passi per essere un tradizionalista, incapace di leggere le trasformazioni e le nuove situazioni a livello sociale e culturale, se non addirittura per un omofobo e anche un po' razzista. Se insieme alla difesa del modello tradizionale assumi una posizione accogliente nei confronti dei molteplici modelli familiari non convenzionali presenti nella società attuale, subito vieni tacciato di eresia. Se, infine, scegli di essere “super partes” che non prende alcun tipo di posizione, se non quello dell'invito alla preghiera, che alla fine fa sempre del bene a tutti, allora non solo rischi di essere, ma diventi una sorta di “novello don Abbondio” di manzoniana memoria, che di fronte alle situazioni della vita “sceglie di non scegliere”.
Che soluzione scegliere, allora, oggi, per parlare della famiglia dal pulpito, senza cadere in uno di questi tre errori? La scelta migliore, per un cristiano prima ancora che per un prete, credo sia quella non di parlare ma di lasciar parlare; di non proferire la propria parola, bensì di lasciare che a parlare e a imporsi sia la Parola. E la Parola di oggi ci mette di fronte a uno dei brani più belli e suggestivi dei cosiddetti “Vangeli dell'infanzia” di Gesù, un brano commovente, soprattutto per queste due figure di anziani che realizzano, in pochi istanti, il sogno atteso da una vita: contemplare con i loro occhi la salvezza di Dio. Una salvezza che, inevitabilmente, getta luce sulle nostre vicende familiari, indipendentemente e “al di là” di quei molteplici modelli familiari che l'umanità da sempre propone. Mi permetto di individuare anche solo due “raggi” di questa luce che la Parola di oggi riflette sulle nostre famiglie.
Il primo raggio è sintetizzato da quell'espressione che ritorna almeno cinque volte nel brano di Vangelo di oggi: “Come è scritto nella legge del Signore”. Il riferimento fondamentale della vita della famiglia di Nazareth è la Legge del Signore, ovvero la tradizione, l'insegnamento ricevuto dai padri. Giuseppe e Maria trovano nella Legge del Signore la pietra miliare del loro cammino di fede. E da qui non può che derivare un insegnamento veramente forte per ogni dimensione familiare vissuta oggi. E il secondo raggio di luce ce lo porta la figura del vecchio Simeone. Lui che era uomo del Tempio e della tradizione, è in realtà un uomo pieno di Spirito Santo: ed è proprio perché “mosso dallo Spirito” che riesce a indicare Gesù come “luce per illuminare le genti”. Non c'è un'adeguata e fruttuosa difesa della famiglia tradizionale e convenzionale, dove non c'è contemporaneamente, l'apertura del proprio cuore alla voce dello Spirito. Ma per farlo, occorre una fede certa, un cuore grande, una mente aperta e anche una disponibilità, nello scorrere delle vicende della vita, a sapersi mettere da parte, come fece il vecchio Simeone.
don Franco Bartolino
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