“Giocavo davanti a lui... giocavo sul globo terrestre”. Chi parla così, nella prima lettura di oggi, è la Sapienza di Dio, quella Sapienza che è la personificazione di Dio, e nella quale per noi cristiani non è difficile leggere il Mistero dell'Incarnazione. È davvero affascinante pensare al Figlio di Dio fatto uomo che, come ogni bambino, “gioca” con il proprio papà, e ne diviene la sua gioia. Ma questa solennità ci invita a entrare nel Mistero stesso di Dio, e allora pensare a Dio che “gioca sul globo terrestre” suscita un certo imbarazzo perché, quando pensiamo al Mistero di Dio, non pensiamo certo a qualcuno che gioca. Dio ci ispira ben altre immagini rispetto a quelle del gioco: pensiamo alla sua assoluta Trascendenza, al suo essere “Totalmente Altro” oppure alla sua Rivelazione; o ancora, a quelle domande fondamentali sul senso della nostra esistenza che spesso rivolgiamo a lui, e dal quale speriamo di ottenere una risposta adeguata. Di certo, non ci viene da pensare a un Dio che gioca con noi. Poi però rileggiamo la nostra esperienza di Dio e se siamo onesti credo che - almeno qualche volta - ci sia capitato di entrare “in gioco con Dio”. Magari, a volte, abbiamo anche un po' l'impressione che Dio con noi stia “giocando”, che a volte si prenda “gioco di noi”, quando non riusciamo a comprendere il senso di quello che accade, soprattutto quando non sono cose piacevoli. Senza ombra di dubbio, lui a noi ha chiesto di metterci in gioco, di non rimanere indifferenti di fronte a lui. Lui lo fa da sempre, “dall'eternità”, come Sapienza Increata e che crea, come Intelligenza che muove tutto il Creato. È questo “mettere in gioco” tutto ciò che ha creato, che fa di noi e di tutto ciò che ci circonda oggetto del suo amore. Dio non si è mai rivelato all'uomo come qualcosa di immobile, cosa che magari all'uomo farebbe pure piacere: è più comodo un Dio fermo purché ci lasci tranquilli a fare le cose che abbiamo in mente. No, Dio non è così! Dio ha iniziato da subito a “giocare con noi” e a far sì che ci mettessimo in gioco pure noi, che dicessimo la nostra, che facessimo, in questa partita della vita, le nostre mosse, spesso neppure vincenti, ma certamente necessarie. Lui si è messo in gioco più di una volta, non solo come Sapienza ma anche, e soprattutto, come Dio della Storia implicato nelle complicate e affascinanti vicende umane, come parte di quel gioco della vita che spesso è un gioco tragico e drammatico. Dobbiamo riconoscerlo: il gioco di Dio con l'umanità non è sempre un gioco piacevole, al punto che a volte - lo dicevo prima - ci sentiamo come se lui si prendesse gioco di noi; eppure, questo giocare di Dio con noi è stato la nostra fortuna, perché, quando ci ha visto in difficoltà serie, schiacciati dalla nostra incapacità a essere a sua immagine e somiglianza, ha giocato una carta vincente, e ha fatto vincere pure noi. Suo Figlio Gesù è stato l'asso nella manica di Dio; con la sua morte e risurrezione è stata la sua mossa vincente sulla nostra morte, fino ad allora priva di speranza nella risurrezione. E non è finita lì, perché non era sufficiente che Dio vincesse una sola partita con la morte una volta per tutte. Ha pensato che, se proprio si deve giocare si deve imparare a giocare bene, perché, se non impari a giocare bene, l'agguato della sconfitta è sempre dietro l'angolo. Dobbiamo imparare le mosse dell'avversario, dobbiamo capire come e perché Dio ha sconfitto la morte; dobbiamo capire come nella vita di ogni giorno, la sua vittoria diventa la vittoria della storia intera. Ci vuole davvero qualcuno forte, un allenatore che ci permetta di portare a termine questa vittoria al gioco di Dio ogni volta che iniziamo una nuova partita. La scorsa domenica, con il dono dello Spirito, un allenatore forte e vittorioso è arrivato sul serio: se l'abbiamo accolto ci insegnerà ogni mossa vincente soprattutto quando la vita - come in questo estenuante e faticoso periodo di crisi profonda del nostro umanesimo e della nostra società, capace solo di odio, di guerra e di violenza - pare toglierci ogni possibilità di vittoria. Dio Padre, Sapienza eterna, gioca da sempre con l'umanità; con suo Figlio in campo ha vinto quella partita contro la morte che sembrava impossibile e con quel “mago della panchina” che è lo Spirito Santo ci insegna a farlo nella vita di ogni giorno. Detto così non sarà molto dogmatico, anzi, è decisamente scherzoso, come lo è ogni gioco: ma a me il Mistero del Dio Trino e Unico, oggi, piace pensarlo e viverlo così.
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