Gesù, alle folle che lo seguono nel brano di Vangelo che abbiamo ascoltato, “parla del Regno di Dio e guarisce quanti avevano bisogno di cure”: ma non si dimentica di dare loro anche il cibo quotidiano, e non sta a fare delle congetture, come noi, che spesso neghiamo il pane della carità a un fratello che ha fame. I seguaci di Gesù, in ogni parte del mondo, hanno compreso che non ci può essere evangelizzazione se non insieme a una profonda opera di promozione umana. L'uomo che ha fame, se continua ad avere fame, non può accogliere il Vangelo come Parola di Vita, perché non conosce Vita, perché questa Vita a lui viene negata ogni giorno. E non parlo solo dell'uomo che ha fame di cibo, ma anche del malato, del disoccupato, del disadattato sociale, del discriminato, e anche di tutto quell'esercito di “nuovi poveri” che si crea ogni volta che sorge una crisi economica o accade una catastrofe umanitaria.
Gesù parla alle folle del Regno di Dio e guarisce quanti hanno bisogno di cure, ma non vuole continuare ad agire da solo, per cui fa rimbalzare il problema della fame dell'umanità sull'umanità stessa: “Voi stessi date loro da mangiare”. L'umanità, infatti, spesso ragiona come i Dodici, che vogliono che sia il Maestro a risolvere il problema della fame dell'uomo: “Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni per alloggiare e trovare cibo”. Affermazioni che oggi risuonano come un “che se ne vadano ai centri specializzati”, “che vadano alla mensa della Caritas”, “che vadano dai preti, a cercare”.
Certo, è giusto e doveroso che nella Chiesa ci siano strutture che si facciano carico di queste problematiche: ma la Chiesa siamo noi e le encomiabili strutture caritative della Chiesa stanno in piedi se noi facciamo la nostra parte, se, appunto, “noi stessi diamo loro da mangiare”. Gesù, nel Vangelo di oggi, è cosciente sin dall'inizio del miracolo che sta per fare eppure vuole che noi, insieme con lui, facciamo il miracolo di dare da mangiare a chi ha fame.
Ecco il senso dell'Eucaristia, che oggi festeggiamo con tanta solennità: Cristo nel pane e nel vino si fa Cibo di vita eterna per l'uomo, ma insieme si fa condivisione, si fa “comunione” con l'uomo, ovvero condivide con lui le gioie e le bellezze, ma anche i drammi della vita di ogni giorno, a partire dalla mancanza del pane quotidiano, quello stesso pane quotidiano che chiediamo nel Padre Nostro proprio qualche istante prima di ricevere l'Eucaristica. Fare la Comunione ogni domenica e non fare nulla per alleviare le sofferenze dei nostri fratelli è una grave contraddizione, è qualcosa che rende vana, inutile, la nostra partecipazione all'Eucaristia.
Non ci capiti mai di dire al Signore, magari dopo aver partecipato alla Messa, “Congeda la folla perché possa trovare cibo ”, come erroneamente fecero i Dodici quel giorno sulle rive del lago di Galilea; al contrario, accettiamo la provocazione di Gesù, “voi stessi date loro da mangiare”, nella consapevolezza che attraverso i nostri insignificanti cinque pani e due pesci, ossia la nostra poca ma generosa collaborazione, Cristo, Pane di Vita Eterna, può continuare a saziare la fame di ogni uomo.
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