Sentire Gesù che dice di non essere venuto a portare pace sulla terra, fa certamente cadere la braccia, visto il contesto di questi giorni, nel quale chi dice di voler riportare la pace lo fa senza il minimo sforzo per fermare la guerra, bensì onorando chi la guerra continua a farla, ci aspetteremmo almeno dal Vangelo un annuncio che parli esplicitamente di pace, di stop alla violenza, invece, stando alle parole di Gesù, sembra quasi che anche il Maestro non solo parli di necessità dei conflitti, ma addirittura fomenti le divisioni e le discordie, già a partire dal più piccolo nucleo sociale, la famiglia.
Del resto, se le divisioni e i conflitti iniziano già all'interno delle famiglie, che pretese possiamo avere di costruire una pace a livello mondiale. Certo, ai potenti della terra basta fare dichiarazioni rassicuranti, dicendo sempre che si stanno facendo “grandi progressi” per costruire la pace; salvo poi tornare a casa e continuare a fare la guerra, la quale è l'unica a registrare “grandi progressi” in ogni parte del pianeta soprattutto in Ucraina e nella Striscia di Gaza.
Ma io come cristiano non ci sto! A noi che crediamo in Cristo risorto, il cui primo dono ai discepoli è stato ed è la pace, le dichiarazioni non bastano. E siccome non abbiamo la potenza dei grandi della terra, è necessario che la ricerchiamo nelle parole del Maestro, che oggi usa davvero parole potenti. Vediamo allora di provare a capire cosa ci ha voluto dire con le espressioni utilizzate oggi nel Vangelo. Innanzitutto, una considerazione sul Vangelo che riporta queste espressioni così forti: si tratta del Vangelo di Luca, quello che più di tutti gli altri parla di pace e allora, quello di Luca non può certo essere un Gesù desideroso di portare divisioni sulla terra. C'è, invece, un desiderio che Gesù ha dentro di sé e lo dice bene nei versetti che abbiamo letto: un desiderio talmente grande da dirsi “angosciato” fino a quando non sarà compiuto.
Questo desiderio, che Gesù esprime attraverso l'immagine del “battesimo che egli deve ricevere” è quello di “accendere il fuoco sulla terra”. Ma anche qui, possiamo comprendere il senso di questo “battesimo di fuoco” solo rifacendoci a ciò che Luca intende con questa espressione utilizzata anche negli Atti degli Apostoli quando si narra la Pentecoste: il “fuoco” che Gesù desidera ardentemente accendere sulla terra è il dono dello Spirito e lo Spirito non è - come le guerre - motivo di morte, ma di vita, e di vita piena.
Gesù ci vuol dire che l'annuncio del Vangelo, ha una forza interiore che non può lasciare indifferenti e di fronte alla quale non possiamo non prendere posizione. Il Vangelo è un'esigenza di pace e di salvezza che non può essere taciuta e soffocata, perché il soffio dello Spirito la alimenta, come il vento alimenta le fiamme di un incendio. E questo, anche a costo di andare controcorrente. Le immagini forti usate da Gesù riguardanti la vita familiare non vanno lette come un invito alla divisione, bensì come una lettura anche storica di ciò che il Vangelo è stato per gli uditori di Gesù: chi accoglieva la novità del Vangelo con tutta la ventata che arrivava dal fuoco dello Spirito si trovava per forza di cose a sentirsi in contrasto con chi, legato alla tradizione antica, non accettava la forza di questa novità.
La calma piatta non è sintomo di pace, ma di morte. Ricordiamocelo, quando siamo convinti che la pace e la pacifica convivenza, tanto a livello mondiale quanto nelle nostre piccole realtà locali, significhi mancanza di presa di posizione, tacito assenso alla violenza e ricerca della quiete pur di non affrontare ingiustizie e illegalità: perché, se tacciamo, diventiamo non solo complici delle piccole e grandi ingiustizie della vita, ma stiamo addirittura spegnendo il fuoco della Parola di vita che Gesù desidera far divampare nel cuore dell'umanità.
don Franco Bartolino
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