Sembra proprio che la Sapienza Eterna stia scrivendo la nostra Storia con la tenerezza di chi sa curare i dettagli nella dinamica dell’amore che custodisce, guarisce e salva. Non per caso le parole della Liturgia di questa Domenica trovano consistenza, “carne” e conferma nella Canonizzazione di Carlo Acutis e di Pier Giorgio Frassati: ambedue giovanissimi, la cui vita è diventata espressione concreta di quella sapienza che il mondo e i sapienti della terra non possono conoscere (cfr. Sap 9,13-18).

 Hanno compreso bene Acutis e Frassati, che la sequela del Signore va molto oltre l’entusiasmo della prima ora. Abbracciare il Vangelo e decidersi per Cristo esige forza, prudenza, conoscenza di sé e delle proprie capacità, ma soprattutto apertura allo Spirito per portare avanti le conseguenze che la sequela comporta.

Direbbero gli influencer del mondo di oggi che Gesù è un pessimo imprenditore del Regno, una volta che invece di allegrarsi e “usufruirsi” della folla che lo seguiva, finisce per cacciare via quasi tutti, senza la paura di rimanere solo: «In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo
» (Lc 14,25-33).

 Parole dure, ma certamente carica di autorità. Ancora una volta, a noi, uomini e donne del terzo millennio, il Signore ci esorta a capire che seguirlo vuol dire “liberarsi”; lasciare tutti e tutto, vuol dire riempiersi, arricchirsi di tutto ciò che il nostro cuore desidera, anche non sapendo… perché la vera sapienza non passa per l’attività della memoria intellettiva, ma per l’esperienza del tu a tu con Dio e con la gente. Assumersi la propria croce vuol dire responsabilizzarsi, ogni giorno, per portare a termine, anche a piccoli passi, anche “incatenati” o morenti, l’annunzio del Vangelo che salva.

 «Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo». (Fm 1,9b-10.12-17). 

Ecco perché chi segue oltrepassa i confini di ieri, di oggi e di sempre liberando il proprio cuore all’amore e amando in modo tale da rigenerare nell’amore e lasciare l’altro in massima libertà.

                                                                                                                                                                    suor Maria Aparecida Da Silva

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