In questa 17^ domenica del tempo ordinario Gesù fa una lezione en plein air, diretta soprattutto ai discepoli, li vuole guidare alla comprensione del suo mistero e del mistero della vita attraverso una lezione sul campo, con una didattica in situazione. Ha sperimentato, infatti, che anche i discepoli – come i giudei (Gv 5,39-47) – fanno fatica ad accogliere la sua persona, la sua parola, stentano ad entrare in quella sua logica di misericordia, di compassione e non di sacrifici e tornaconti personali. I discepoli non hanno ancora chiaro che Gesù non intende fondare una nuova religione, ma chiede di maturare una fede forte, profonda, capace di spostare le montagne e di moltiplicare il pane e la vita: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv 5, 24-25) .
Gesù ora è salito sulla montagna insieme ai discepoli, e subito è circondato da una folla entusiasta, che lo insegue spinta dal bisogno famelico e dai segni “che faceva sugli infermi”. La gente ha intuito che nella persona di Gesù c’è qualcosa di diverso, che parla con autorità e “non come gli scribi e i farisei”. E, sotto sotto, nutre la speranza o l’illusione di aver trovato il suo re e signore, da ossequiare, riverire anche, purchè da lui riceva tutto il necessario. E quanto avverrà da lì a poco confermerà questa percezione. Infatti, Gesù alza lo sguardo, coglie il bisogno di quella folla che lo ha seguito a piedi, forse senza portarsi dietro né pane, né bisaccia, e invita i discepoli a comprare il pane necessario. E’ una provocazione, un mettere alla prova la fede dei suoi (Gv 6,6-7). La risposta dei discepoli arriva subito, carica del buon senso e della logica umana: duecento denari, che corrispondono al salario di duecento giorni di lavoro di un contadino, non basterebbero perché ognuno possa riceverne un pezzo! …La cosa più logica è lasciare che ognuno vada e provveda a se stesso. Non possiamo pensare noi a sfamarli…Non abbiamo i soldi, non abbiamo i mezzi, non abbiamo le forze! Per fortuna, questa volta nel vangelo di Giovanni si trova qualcuno generoso, un ragazzo che mette a disposizione il suo, e spezza la logica del “do ut des” e del mercato. “Cinque pani e due pesci”, un’offerta incongrua rispetto alla necessità. Eppure, sarà quel gesto, quel poco donato con generosità e fiducia, a permettere il miracolo del pane. In fondo, i discepoli lo avevano già sperimentato nell’invio in missione, quando Gesù li manda a due a due, e ordina di mettersi in viaggio senza “né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa…” (Vangelo di Marco 6, 7-9), solo con quel credito di fiducia accordato a Dio e all’altro, confidando nella compassione di Dio e di tutte le persone che si incontrano sulla strada.
Alla scuola del Vangelo impariamo anche noi questa logica debole e rivoluzionaria di Gesù, che celebriamo in ogni Eucaristia… Il miracolo del pane si rinnova ogni giorno, per un credito di fiducia e generosità, e alimenta in noi il desiderio di giustizia, di condivisione perché davvero il pane sia per tutti.
In questa 16^ domenica del tempo ordinario, sotto un sole torrido e un tasso di umidità altissimo, il Vangelo risuona ancora della sua bella notizia: Dio ha cura di ogni uomo, usa pietà e tenerezza e verità verso la sua creatura! Nel Vangelo di Marco ritorna, riferita a Gesù, l’immagine del pastore buono che ha compassione del suo popolo, che realizza le profezie dell’AT e sconfessa tutti i falsi maestri e guru di ieri e di oggi rivelando i criteri di verità della profezia: “…Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni» (Isaia, 42, 2-4). Gesù usa compassione nei confronti dei discepoli che tornano dalla missione, coglie l’entusiasmo, l’orgoglio, ma anche la fatica, il rischio di lasciarsi risucchiare dall’attivismo e dal protagonismo e li invita in disparte per riposare. Ma cos’è questa compassione di Gesù? …E’ il sentimento forte di chi ha a cuore l’altro, la sua vita, il suo destino…è il non sottrarsi alla sofferenza, al rifiuto, all’isolamento per il bene dell’altro, è il coraggio di dire parole indigeste, amare anche. Gesù, allora, ha compassione dei discepoli e ritaglia il tempo di una vacanza. Uno spazio in disparte, da soli, per ascoltare le loro esperienze, i successi apostolici, delle folle che fanno ressa… E per fare verità nel loro cuore. Nel silenzio, quando la vacanza è davvero tale e prendiamo le distanze dalle routine e incombenze quotidiane affiorano più chiare le ragioni, il senso, le motivazioni del nostro agire. Gesù, sicuramente, non perde occasione per ricordare ai discepoli il senso della loro missione… Poco prima nello stesso capitolo del Vangelo di Marco vv.21-29, è raccontato l’esperienza apostolica di Giovanni Battista conclusasi con il martirio. Gesù, non può non aver raccontato loro di Giovanni… Ma la vacanza dura poco per Gesù, perché “vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore…”. E davanti a questo modo di agire, a questo sguardo carico di attenzione e cura, una preghiera ci nasce dentro: Signore Gesù, donaci un cuore come il tuo, capace di commuoversi davanti ai volti segnati che ci passano accanto, davanti alle tante tragedie che si consumano sotto i nostri occhi a volte indifferenti e impotenti. Donaci, di mettere mani e cuore al tuo Vangelo perché “nel tuo nome …” ci sia speranza dentro di noi e intorno a noi.
“IO SONO CON VOI TUTTI I GIORNI, FINO ALLA FINE DEL MONDO”.
Il Vangelo di questa domenica ci riporta in Galilea sul monte dove Gesù ha dato appuntamento ai dodici. Gli undici non mancano all’incontro, ma l’evangelista Matteo sottolinea un dettaglio: “essi si prostrarono, ma dubitarono”. C’ è sempre nel nostro cuore forse la sottile paura che Dio ci possa ingannare, che l’esperienza con lui sia stata una delusione. Se da una parte spontaneamente ci prostriamo, forse altrettanto spontaneamente dubitiamo. Ma la pedagogia di Dio è sempre la stessa, la vicinanza. Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra …” ma il vero suo potere è proprio il suo farsi vicino e infondere fiducia, inviare nel nome dell’amore affinchè tutti i popoli possano comprendere che il Signore ci vuole figli.
“Fate miei discepoli battezzando nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”…Fate miei discepoli, cioè accompagnate gli uomini nel mistero della Trinità, avvicinateli ad un Dio trino ed unico, ad un Dio che assicura la sua presenza costante nella storia. Anche gli undici faranno discepoli, e il loro potere sarà sempre la forza della comunione, si è potenti insieme, si è autentici condividendo, si è testimoni nell’amore reciproco e fedele.
Gli Atti degli Apostoli infatti ci confermano che la Chiesa è nata in forza della comunione: “Guardate come si amano”…sarà questo il segno distintivo dei seguaci di Gesù.
Tutto questo è possibile perché Dio è rimasto con noi, la sua presenza è la garanzia della comunione, infatti il Vangelo chiude proprio così: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Tutti i giorni e fino alla fine, non c’è più un tempo e uno spazio senza Dio, la sua presenza pervade l’universo e rende nuova ogni cosa.
Oggi celebriamo la festa della Pentecoste, la festa della chiesa che finalmente ha il coraggio di dire quello che è e di testimoniare colui al quale appartiene.
Gesù nel vangelo ce lo ricorda: “quando verrà Lui…lo Spirito darà testimonianza di me, e anche voi mi darete testimonianza”. La presenza dello Spirito ci conferma prima di tutto chi è Gesù, ci fa comprendere in profondità il suo messaggio e ci rende possibile annunciarlo, testimoniarlo, viverlo.
La promessa dello Spirito da parte di Gesù ci proietta verso il futuro, ad un futuro di verità e soprattutto ci assicura che sempre ciò che è di Dio e da Dio verrà annunciato. Inizia così una nuova avventura, il cammino è appena all’inizio, lo Spirito farà comprendere molto ancora, Dio nella nostra vita è novità continua, è il Vangelo che si realizza in ogni vita, in ogni storia. Lo spirito ha forse il compito di accompagnare questo Vangelo che prende nuove forme e nuovi volti e riesce ancora a far innamorare di Gesù Cristo. Ancora, che si annuncia ancora.
La presenza dello Spirito è ancora un’altra premura da parte di Dio, in questo nuovo viaggio si mette accanto a noi come Paraclito, accompagna i passi incerti, incoraggio i passi fermi, dà il ritmo giusto ai passi veloci. È come un capitano che non prende il timone, lo lascia a noi, ma non abbandona la sua nave mai.
Andate! È ormai tempo per partire, Gesù dopo aver confermato per 40 giorni la fede degli apostoli e soprattutto la fede nella sua Resurrezione, da finalmente l’invio. La prima comunità è chiamata a portare la bella notizia a tutti, ad ogni creatura, è chiamata a far comunità con tutti, con il mondo intero. Questo è il vero vangelo da portare, la vera bella notizia, proporre una vita da figli, cioè da persone libere e amate. Chi crederà…sarà battezzato, cioè sarà reso figlio. È questa la missione degli undici, è questo il compito della chiesa, ricordare a tutti la possibilità di essere figli, di appartenere a qualcuno, di fare parte da sempre del progetto d’amore del Padre portato a compimento in Gesù.
Andate!!! E non come sprovveduti, perché il Signore confermerà il loro operare o meglio tutto ciò che si compirà nel suo nome, e solo se si va nel suo nome sarà possibile sconfiggere il male, parlare lingue nuove, superare ogni ostacolo.
Gesù fu elevato in cielo, d’ora in poi sarà necessario alzare lo sguardo, guardare in alto dov’è Lui per poter annunciare, testimoniare e vivere il vangelo. Ciò che Gesù ha fatto e insegnato ora tocca a loro viverlo, ha camminato con e in mezzo agli uomini con lo sguardo e il cuore rivolti al Padre.
Vivere il mistero dell’ascensione forse significa proprio questo anche per noi, immergerci nella storia, in ogni luogo e periferia ma con lo sguardo sempre rivolto verso l’alto.