Gv 15,1-8

Anche in questa domenica il vangelo di Giovanni ci aiuta a comprendere ancora di più l’identità di Gesù, anzi è lo stesso Gesù che dopo essersi definito “buon pastore” e “porta”, oggi ci dice di essere la “vera vite”.                                                                  Ricorre ad un’immagine semplice, viva per raccontare Dio, la nostra vita, la nostra fede: Egli la vite, noi i tralci, Dio  il contadino che con pazienza e amore si prende cura della sua creatura. Gesù ricorre ad  una parabola per farci comprendere il suo rapporto con il Padre e  esortarci così a curare la nostra relazione con Dio che è una relazione di reciprocità e responsabilità, di scelte radicali, appassionate… affinchè ci sia “molto frutto”. Perché solo ciò che si ama cresce, matura, si moltiplica.

E’ ancora un invito accorato, insistente e dolce nello stesso tempo a rimanere non solo con Lui, ma in Lui. A Dio interessa che la nostra vita sia feconda e bella.

Ci vuole in lui, non per Lui. Per noi, per la nostra gioia. Facciamo parte di Dio, siamo uniti a Lui in maniera indissolubile, se ci taglia è solo perché ci vuole migliori. È questa la promessa per chi è suo discepolo, avere tutto in comune con Dio, tanto da poter chiedere qualsiasi cosa ed averla, così come nella propria casa. Perché nel cuore di Dio noi siamo di casa. Oggi il Signore ancora una volta con tenerezza ci chiede semplicemente di rimanerci.

Suor Giuliana

Gv 15,9-17

Continua il discorso di Gesù sul comandamento dell’amore e sulla necessità di rimanere in Lui. In questo capitolo 15 di Giovanni Gesù parla ai discepoli con insistenza e dolcezza, spiegando  qual è il grado dell’amore vero. Sembra infatti che li porta sempre più in alto, sempre più “oltre” in questo viaggio verso la comprensione del comandamento nuovo. Oggi questa pagina evangelica è un inno all’amicizia, all’amicizia che non conosce segreti, che è condivisione di ideali e di scelte, che è un perfetto passaggio e trasmissione di ciò che si è avuto.

“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”. Si può veramente amare solo se si è sperimentato un grande amore. Gesù è il figlio prediletto, amato, inviato,  e nella sua vita non fa altro che amare, guardare con tenerezza, consegnare un’unica parola: amatevi.

Ma qual è la misura dell’amore? Dare la vita! Troppo alta e troppo bella, ma soprattutto grazie alla croce anche possibile. E sì, quello che il Signore chiede è sempre possibile, non è mai a metà, non ci sono sconti, ma un’unica offerta a tempo indeterminato.  Attraverso la Chiesa, i sacramenti, il suo sacrificio sull’altare non fa altro che offrire la sua amicizia, tendere le sue mani, insegnarci ad amare come lui. Tutto questo ancora una volta per la nostra gioia, per una vita vissuta in pienezza e capace di portare frutto, per  dare al nostro cuore un respiro nuovo. Grazie alla sua amicizia infatti, possiamo chiedere tutto al Padre ed ottenerlo. Gesù allora anche oggi è per noi via, vita, possibilità nuova, amico, garanzia per la nostra felicità. Il comandamento dell’amore è semplicemente l’indicazione per la mia felicità e, Dio non vuole altro che questo: la felicità dei suoi figli.

Suor Giuliana

Gv 20,19-31

Mio Signore e mio Dio!

Siamo ritornati nel cenacolo, ancora una volta Gesù dopo aver consegnato la sua vita, dopo aver tracciato lo stile del servizio, dopo aver consegnato il comandamento dell’amore, ora ritorna da risorto. Egli nvia i suoi riponendo ancora in questi uomini paurosi e vacillanti nella fede tutta la sua fiducia. Anzi di più, a questa piccola chiesa affida tutta la chiesa, tutti i suoi figli. Gesù non teme il loro fallimento, non li lascerà soli, la forza dello spirito Santo porterà in tutto il mondo la bella notizia proprio attraverso questi strumenti non certamente accordati. Questo ci insegna che coloro che annunciano non sono migliori di chi l’annuncio lo riceve. Non ci sono meriti, ma piuttosto debolezze delle quali Dio non tiene conto, debolezze che Gesù stesso con la presenza e la pazienza cercherà di fortificare.

È questa anche l’esperienza di Tommaso, discepolo dalla fede incerta, forse, ma sicuramente dalla ricerca sincera. Tommaso è ancora pieno degli avvenimenti di quel venerdì. Nella testa e nel cuore il maestro inchiodato alla croce, e sembra che abbia così inchiodato anche la sua speranza, dimenticando quando il maestro aveva annunciato la risurrezione. Gesù, otto giorni dopo, superando le porte entra nel cenacolo, per rafforzare la fede di Tommaso, per sciogliere ogni dubbio, per sollevarlo dalla delusione provata. Ma non solo, il Signore attraverso Tommaso libera anche noi da ogni paura e dubbio, dall’isolamento e dalla diffidenza nei confronti dei fratelli. Attraverso Tommaso ci libera da ogni delusione e smarrimento e dalle attese sbagliate che possiamo avere nei confronti di Dio. Gesù non è il facile liberatore, non è il Dio dei segni grandiosi, ma mostra la sua grandezza proprio nei segni dei chiodi. È allora davvero vivremo da risorti quando tutto questo diventerà certezza che alimenta la nostra fede, quando anche noi come Tommaso sapremo esclamare “Mio Signore e mio Dio!

suor Giuliana

Lc 24,35-48

«Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 

Questo brano del vangelo di Luca ci ripercorrere gli ultimi avvenimenti dopo la risurrezione di Gesù. I discepoli sono di nuovo nel cenacolo ma finalmente non sono solo chiusi nella loro paura, si ascoltano a vicenda, cercano di mettere i pezzi insieme, qualcosa di vero ci sarà in questi ultimi avvenimenti ma rimane nel cuore il turbamento. La tomba vuota, la testimonianza delle donne, la conferma data a Tommaso e infine i due di Emmaus che sono ritornati indietro con il cuore che ardeva aprono a nuovi interrogativi, ma anche a nuove speranze. È proprio mentre stanno condividendo  le loro esperienze  Gesù in persona si fa presente e con la sua pazienza da maestro aiuta a  comporre questo puzzle d’amore. 

Ancora una dolce domanda; «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?  Mostra i segni della passione, mangia con loro, spiega il progetto del Padre che doveva salvare gli uomini attraverso la morte e resurrezione del suo Figlio. Il segno della sua presenza tangibile sarà sempre la condivisione fraterna e lo spezzare il pane insieme. La chiesa conferma e testimonia questo ogni volta che la comunità cristiana si ritrova attorno all’altare.

La presenza del Risorto  cambia le paure, ”ma poiché per la gioia non credevano ancora…”: la gioia è il dono del Risorto, la sua presenza  calma le inquietudini.

“ Di questo voi siete testimoni”, chiude così il suo discorso Gesù.  Voi siete testimoni e non importa se eravate come i due discepoli di Emmaus sulla strada del ritorno; come Tommaso che non si fida della testimonianza dei suoi fratelli.  La sua presenza da risorto dà risposta ai nostri interrogativi,

senso alla nostra confusione, fiducia alla nostra fede debole, gioia ai nostri cuori inquieti.

Suor Giuliana

“DAVVERO QUEST’UOMO ERA FIGLIO DI DIO

Mc 14, 1-15,47

Siamo accompagnati dal Vangelo di Marco in questa domenica che ci introduce nella Settimana Santa.

Il racconto di Marco come tutto il suo Vangelo sa di essenziale, ci fa ripercorrere le tappe che hanno visto Gesù condannato, sofferente e poi la morte in croce. È un percorso strano dove le decisioni degli uomini apparentemente prendono il sopravento, dove tutto sembra così inevitabile…E poi Gesù che dice poche parole, che ancora una volta non dimostra la sua forza con l’arroganza, ma attraverso la mitezza, una mitezza che afferma una scelta d’amore, una mitezza che porta fino in fondo la propria missione, che ha il coraggio della verità; Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: “Io lo sono!”.

In questo veloce susseguirsi di avvenimenti, di cambiamenti di scene, in questo spettacolo di sofferenza, attraverso le fughe e i rinnegamenti una sola rimane la costante, la fedeltà di Dio che si rivela nonostante e malgrado questi imbrogli umani… Tutti cambiano idea, fanno altre scelte, c’è anche Pilato che non sa scegliere e non sa ascoltare la voce della sua coscienza, solo Gesù va fino in fondo con il suo stile di servo. Mai come in questo caso Egli è il maestro silenzioso che sta per terminare la sua lezione.

Gesù oggi  insegna come si vive e insegna come si muore, insegna che la vita quando sceglie di diventare dono non la si possiede più, la si lascia anche spezzare. Il suo salire verso il Calvario con la croce sulle spalle è l’unica lezione comprensibile a tutti, a tutti quelli che cercano l’amore, è la lezione per gli stessi uccisori: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”. In questa affermazione tutto trova senso, Dio manifesta così la sua potenza  consegnandosi totalmente, dicendoci ancora una volta che grande è soltanto l’amore.

“Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”. È la professione di fede più bella che possiamo ripetere in questa settimana, davanti alla lavanda dei piedi, allo spezzare del pane e del vino, durante il tragitto verso il Golgota, e poi nella lunga sosta del sabato santo in attesa della risurrezione.

Davvero quest’uomo era figlio di Dio e in Lui anche noi siamo per sempre figli di Dio.

suor Giuliana

Su di noi

Nel nostro nome "Piccole Missionarie Eucaristiche" è sintetizzato il dono di Dio alla Congregazione. Piccole perchè tutto l'insegnamento di Madre Ilia sarà sempre un invito di umiltà, alla minorità come condizione privilegiata per ascoltare Dio e gli uomini.
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