Siamo nella prima domenica di Quaresima, l’evangelista Luca ci spinge nel deserto dov’è si trova Gesù (Lc 4,1-13). Le tentazioni di Gesù sono quelle  che da sempre accompagnano la vita dell’uomo: successo, potere. Tentazioni che partono mettendo in dubbio quello che Gesù è, insinuando il dubbio, “ Se tu sei il figlio di Dio…”. E sì, perché spesso si è solo ciò che si è veramente capaci di dimostrare, solo ciò che si è capaci di fare, “trasforma queste pietre in fame”. Arriva puntuale la lezione di Gesù: non è necessario, si può vivere ad un altro livello, ad un alto livello… Si può vivere della forza della Parola! E poi ancora: tutto sarà tuo, basta che ti prostri a me. C’è un prezzo da pagare sempre per la logica del diavolo, ma non sarà mai la logica di Gesù che un giorno dirà: “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” e ancora “prendete e mangiate, questo è il mio corpo”.                                                                   Ed eccoci all’ultimo tentativo, sulla fiducia in Dio, sulla nostra fede. “Buttati…tanto se Dio è con te i suoi angeli ti proteggeranno”. E quante volte anche noi chiediamo a Dio dimostrazioni concrete ed eclatanti della sua presenza, del suo operare.

Il deserto da sempre luogo di scelte e prove: luogo dove rischiamo di lasciarci dividere, staccare da Dio, allontanarci da lui oppure dove abbiamo la possibilità di sceglierlo come il Signore della vita.  Anche Gesù è tentato da colui che divide, ed è proprio vero che quando siamo divisi in noi stessi  siamo deboli, facilmente trascinabili su altre vie. La differenza tra ciò che ci propone Dio e ciò che ci propone satana sta nel fatto che Dio non chiede niente in cambio, non minaccia, non mette condizioni. E nello stesso tempo non promette successi, poteri, ma piuttosto  felicità, vita eterna. Non ci lusinga con facili conquiste, ma“chi mi vuol seguire prenda la sua croce e mi segua”… Ci propone semplicemente quello che Lui ha fatto.

Un altro l’approccio del diavolo nel deserto: se ti prostri, se comandi, se trasformi, avrai potere, successo, sarai Dio! Sì, perché per essere dio alla maniera del diavolo bisogna per forza esibire potere, forza, e soprattutto bisogna dare qualcosa in cambio.

Anche questa pagina evangelica chiude con una felice costatazione, “dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato”.  Le tentazioni hanno un limite, il diavolo si arrende davanti alla forza di Dio. Egli non ha l’ultima parola, lui non è l’onnipotente, lui ha solo il potere che gli concediamo noi tutte le volte che non siamo fermi in Dio, nella sua Parola, nella sua presenza.

                                                                                                                                                       suor Giuliana Imeraj

In questa domenica troviamo Gesù impegnato a predicare la Parola di Dio, circondato di folla, ma al quale non sfuggono i dettagli. Al nostro Dio non sfuggono mai i dettagli, anzi è da qui, dai dettagli, che parte per costruire le relazioni e la storia con gli uomini. Due barche, i pescatori, le reti da lavare. Tutto questo preceduto da una notte segnata dal fallimento, dalla stanchezza. Ora c’è solo da dimenticare e andare a riposare. E invece no: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”, non finisce una notte di fatiche con le reti vuote, per il Signore l’ultima parola non è mai il fallimento, la rassegnazione, la rinuncia. Chissà se Simone avesse intuito questo nell’invito di Gesù per aver subito accolto e accettato, pur non rinnegando l’evidenza: “abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”!

Ma ecco che, fidandosi della Parola del Maestro, il miracolo avviene: le reti si rompono per la quantità della pesca, è proprio una pesca miracolosa! È ogni volta una pesca miracolosa fidarsi di Dio, gettare le reti dopo la delusione, ascoltare quella voce che viene  da chi forse non è esperto come noi, ma crede in noi.  È una pesca miracolosa crederci a tutte le ore, vincere il “sicuro”, lo “scontato”…si sa che si pesca di più di notte.

È una pesca miracolosa perché porta alla collaborazione, alla condivisione, agli altri. Ce n’è per tutti: due barche che rischiano di affondare. Non si gettano le reti solo per se stessi, la fiducia apre a orizzonti sconfinati, allarga il cuore e la vita, la rete di pesca si trasforma in una rete di uomini che a partire da questa esperienza saranno legati per sempre, e le loro vite si intrecceranno ad un infinità di storie e volti umani. Questa è pesca miracolosa fatta delle reti di mani e cuori.

Sulla tua parola aveva detto Simone, ma mai avrebbe immaginato  un risultato del genere, questo è troppo…supera la sua persona, le sue aspettative. Lui è un peccatore, il Signore è troppo per lui! Chissà quante volte la pensiamo così, non sono degno, non lo merito, il Signore è irraggiungibile, meglio che sta lontano da me. Questo Maestro si avvicina troppo agli uomini, si compromette, non si era mai vista una cosa del genere. Un tumulto di sentimenti riaffiora nel cuore di tutti, stupore, incredulità, paura. Ma anche questa volta non manca la risposta di Gesù che spazza via ogni dubbio: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”.

C’è solo da lasciare tutto, le barche ormai piene, e partire alla sequela di Gesù per un’altra pesca, che presenterà ogni volta le sue sorprese, ma, fidandosi del maestro, non conoscerà il fallimento.

Sr Giuliana Imeraj

Siamo nella seconda domenica del tempo ordinario.  Dopo il battesimo Gesù ha iniziato la sua vita pubblica di annunciatore del regno di Dio. Un annuncio che avviene nella normalità della vita, con il suo partecipare a tutti gli eventi tristi e gioiosi degli uomini, con il suo essere presente.  La pagina di Giovanni  (Gv 2,1-11) ci presenta Gesù alle nozze di Cana. Tutto inizia con la costatazione di una  mancanza, è l’intuito femminile di Maria che si accorge e non tace, non può permettere che la festa sia minacciata dalla mancanza di vino, elemento fondamentale perché il banchetto sia un banchetto di gioia. Questo il bellissimo e sempre presente compito di Maria, ricordare al Figlio quello che manca agli uomini, solo ricordare e poi consegnare ai servi la certezza che il resto lo farà lui “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”!

Gesù come sempre parte da ciò che abbiamo a disposizione, dalle nostre sei giare spesso imperfette, capaci di contenere solo acqua e dalla nostra disponibilità a collaborare. Ed ecco il miracolo, il segno di cui parla Giovanni, l’acqua trasformata in vino, anzi in vino buono. La presenza di Gesù è il “segno” che  garantisce la continuazione della festa, questa è la grande rivelazione delle nozze di Cana, un Dio che manifesta la sua gloria nel ridare agli uomini le ragioni per fare festa, per riscoprire la gioia, per sperimentare la gratuità. Il maestro di tavola non sapeva da dove venisse il vino buono, ma lo sapevano i servi… I gesti di Gesù passeranno sempre attraverso le mani degli ultimi, i piccoli, i peccatori. In questo Vangelo si intrecciano mancanza e abbondanza, gioia minacciata e gioia piena, giare di pietra che servono per la purificazione che diventano  otri contenenti vino nuovo.

Dio non si allontana quando l’uomo sperimenta “la mancanza di vino”, la fatica di vivere, i giorni che vanno avanti per inerzia, i progetti che non decollano, gli amori feriti. Dio interviene proprio quando l’amore è minacciato, affretta anche i tempi “donna non è giunta la mia ora”, pur di riconsegnare all’uomo la felicità che solo un rapporto sponsale può assicurare in pienezza.

È la logica evangelica che supera le logiche umane. E’ la bella notizia che supera le differenze, che diventa gesto concreto, che non fa rumore o scalpore, ma aiuta di certo i discepoli a fidarsi del Maestro , “…e i suoi discepoli credettero in lui”.

Suor Giuliana Imeraj

In questa terza domenica del tempo Ordinario ha inizio la lettura del vangelo di Luca (Lc 1,1-4;4,14-21). L’evangelista Luca non sente di aver fatto una scelta straordinaria nel voler mettere per iscritto quanto è stato trasmesso dai “testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola”. Ma si sa che ormai le comunità cristiane hanno già accolto la Parola, già è stato dato loro il primo annuncio, il Kerigma. Bisogna ora consolidare quanto si è appreso, dare basi alla fede, lasciare un messaggio per quanti alla fede sarebbero venuti dopo. Il Vangelo è qualcosa di irrefrenabile, Luca ne conosce la potenza e diventa uno strumento, uno che mette tutte le sue capacità al servizio dell’Annuncio e della comunità. C’è però un destinatario specifico, Teofilo, sicuramente un personaggio importante nella società o comunità cristiana, ma il significato del nome porta molto oltre la riflessione. Teofilo, cioè colui che Dio ama.

Sant’Ambrogio afferma: “Questo vangelo è stato scritto per Teofilo, cioè per colui che Dio ama. Se tu ami Dio è per te che è stato scritto, e se è stato scritto per te, accogli il dono dell’evangelista. Conserva con cura nel profondo del cuore questo pegno di amicizia.”

Chi è il Gesù che il Vangelo di Luca ci propone? È colui che porta il lieto messaggio ai poveri, porta la liberazione, ridona la luce, proclama un tempo nuovo, il tempo nuovo della grazia. È così che Gesù si presenta nella sinagoga di Nazareth. Un annuncio antico quello del libro di Isaia, eppure suona come una assoluta novità nella persona di Gesù e gli occhi di tutti sono fissi su di Lui. Ha davvero inizio il tempo della grazia, dove anche lo sguardo di Dio è fisso sugli uomini, sugli ultimi della terra, sui figli smarriti e preferiti, sulle pecore perdute della casa d’Israele, sui malati bisognosi del medico, sugli emarginati e gli “stranieri”.

“Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”, chiude così il vangelo di questa domenica, quasi a dire che ora l’amore annunciato da sempre diventerà concreto nel Dio fatto uomo. Si fa l’amore vicino e tangibile, si compie e trova spazio nello “spazio” concreto, piccolo, a volte angusto della nostra vita, della nostra storia. Il vangelo è proprio l’amore “compiuto” di Dio.

Suor Giuliana Imeraj

La liturgia di questa domenica, solennità del Battesimo del Signore, ci presenta Gesù adulto, pronto ad iniziare la sua avventura messianica, a lanciarsi in quella missione di mostrare agli uomini il vero volto di Dio. Si chiude il tempo di Natale e siamo proiettati nel tempo Ordinario.

Gesù inaugura questo tempo nuovo in cui “ogni valle sarà innalzata e ogni colle abbassato, il terreno accidentato si trasformerà in piano…”, in cui appare “la grazia di Dio che apporta la salvezza a tutti gli uomini” (lettera a Tito 2, 11-12)…E tutto si compie sotto i nostri occhi nell’ordinarietà della vita. Un uomo che insieme ad altri uomini percorre le strade polverose della Palestina e realizza quei segni, parole e gesti, inequivocabili della presenza di Dio. Un uomo tra gli uomini che si mette in fila per ricevere anche lui un battesimo di conversione e di penitenza. Gesù ama la quotidianità, preferisce la casa al tempio, la strada alle sagrestie, la vita alle dottrine. Egli veramente è venuto ad abbattere i muri di divisione tra giusti e maledetti (Ef 2, 14-15) annunciando il suo Vangelo, notizia bella e liberante, che il mondo, l’uomo è salvato già dalla sua croce, dalla sua misericordia. E la misericordia  non è conquista dei migliori, di un’elite prescelta, ma dono per quanti hanno  il cuore buono per accoglierla. Per quanti sono in attesa, come il popolo del Vangelo di oggi (Luca 3, 15-16).

«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Matteo 9, 12-13). Accoglie il Vangelo chi  riconosce che nella propria  vita c’è una mancanza, un’attesa da colmare, una domanda che inquieta e che ci rende per sempre cercatori appassionati. La fede che Gesù ci propone non è possesso, è un cammino che ci apre al dialogo, al confronto, all’incontro. Siamo in cammino anche noi con gli altri uomini, condividiamo la fatica e la sfida di diventare più umani. Ma camminiamo anche con la certezza grande, come cristiani, che siamo figli amati da Dio, che Dio si compiace di noi, come si compiace di Gesù il giorno del suo Battesimo. E’ questo il tesoro prezioso che Dio ha posto in noi,   vasi di creta (2Cor 4, 7-8), tesoro che Egli ci affida – con un credito di fiducia – da condividere e annunciare.

                                                                                                          sr Viola Mancuso

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