Oggi siamo invitati a sostare davanti al mistero dell’Incarnazione e guardare con gli occhi dell’evangelista Giovanni. Questa pagina evangelica infatti ci dà una visuale completa, totale, della storia della Salvezza in cui l’Incarnazione non è un avvenimento a se stante, ma piuttosto la conseguenza logica dell’opera di Dio nella storia.
“In principio era il verbo…e il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi!”È tutto racchiuso qui, il Verbo è creatore, è capace di generare e far diventare figli, è luce che diventa figlio, fratello, uomo, bambino. Il verbo è luce che le tenebre non hanno vinto, ma che gli uomini hanno rifiutato. Il Natale è la festa della luce, di quella luce che ci raggiunge e si lascia raggiungere. La grotta, infatti è il luogo dove possono andare tutti, è un luogo senza porte, aperto agli uomini e al creato, luogo dal quale si può contemplare direttamente il cielo, dove l’essenziale ci rimanda subito all’essenza delle cose e della vita.
La grotta è davvero il luogo dove possiamo lasciarci raggiungere anche noi, dove possiamo imparare ad amare partendo dalle cose insignificanti, dove le nostre tenebre possono diradarsi, dove l’egoismo può essere sconfitto per sempre, dove finalmente potremo capire che il vero e l’unico potere è quello dell’amore disarmato che si fa incontro, casa e dimora.
Da questo luogo è più semplice comprendere il mistero dell’Incarnazione, è più chiaro il disegno d’amore che prende forma e volto, che diventa presenza e che un giorno per tutti diventerà pane della Vita. La grotta ci insegna anche l’arte della fedeltà, rimanere nella nostra grotta quando tutto va male, quando il freddo è insopportabile, quando scende la notte…Rimanere, perché si ama solo rimanendo! Il natale ci ricorda proprio questa scelta di Dio di rimanere con gli uomini per sempre e invita noi a scegliere Dio per sempre.
Siamo ormai alla quarta domenica di Avvento e siamo invitati a contemplare una pagina evangelica molto conosciuta, che sappiamo a memoria, quasi scontata. Eppure è meraviglioso vedere come Dio si affaccia nella vita di questa fanciulla ed entra come il Dio della gioia e come presenza costante: ”Rallegrati, il Signore è con te”. Immediatamente si è preparati e predisposti ad accogliere questa gioiosa novità, questo annuncio di vita e fecondità, che cambia sì la vita, i progetti, la storia personale… ma nello stesso tempo apre davanti l’orizzonte della speranza. Ed è ancora un’affermazione da parte dell’angelo Gabriele a fare la differenza: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. “Non temere” perché sei amata, benedetta, guardata con amore e benevolenza. “Non temere” anche se entri a far parte di una storia molto più grande di te, anche se magari non sempre comprenderai. E qui Maria avrebbe potuto cominciare a sognare in grande, a sentirsi già la prescelta, a dire un sì immediato e non riflettuto e invece stupisce la concretezza: “Come avverrà tutto questo?”. Attraverso un’altra presenza, quella dello Spirito Santo che quando avvolge una creatura rende tutto possibile, una presenza rassicurante che soprattutto rende possibile il sì di Maria. Dio prende forma così nella vita di ognuno di noi, entra per portare la gioia, la bella notizia, la speranza, continua a rimanere con noi in quel ”non temere” che ci accompagna ad ogni nostra esitazione o scoraggiamento, ci esorta a credere e a fidarci dei suoi progetti perché nulla è impossibile a Dio! suor Giuliana
Siamo nella terza domenica di Avvento, anche oggi il vangelo ci parla della figura di Giovanni Battista. In questo vangelo Giovanni Battista è descritto come l’uomo mandato da Dio, il testimone della luce, voce di uno che grida nel deserto. Tre definizioni per descrivere un profeta, un precursore, un uomo che suscita tanti interrogativi, che attorno a sè ha la folla, che convince la gente a farsi battezzare e a prepararsi per la venuta del Signore. Tutto ciò che è autentico sveglia negli altri la ricerca del vero, la voglia di capire.
“Tu chi sei?”…Sacerdoti e leviti chiedono la carta d’identità a Giovanni, eppure egli appartiene ad una famiglia sacerdotale, opera sotto gli occhi di tutti, parla francamente.
“Tu chi sei?”…Giovanni Battista non lascia spazio a equivoci, è ancora la chiarezza a distinguere la sua persona:“Io non sono il Cristo”, non sono Elia, non sono il profeta, ma “Io sono voce di uno che grida nel deserto”. Certo chi testimonia la luce non può sostituirsi ad essa, l’uomo mandato da Dio sa fare spazio a Dio, sa indicarlo, sa riconoscere il proprio posto. Giovanni negando con forza di non essere il Cristo non nega ciò che lui è, con la sua scelta invita a scorgere Dio dove non si vede, ad attenderlo da dove non lo si aspetta, a riconoscerlo nei segni della quotidianità. Colui che doveva venire, e che era già in mezzo al suo popolo era il figlio del falegname. A questa attenzione del cuore siamo chiamati ad allenarci, a preparaci, a convertirci. E sarà gioia immensa quando scopriremo di avere e di aver avuto sempre Dio accanto a noi, in mezzo a noi…Mentre lo credevamo così distante e lo attendevamo chissà da dove.
Mc 13,33-37 Questa pagina evangelica di oggi ci introduce nel tempo di avvento. Lo stesso vangelo nel ripeterci per ben tre volte l’invito a vegliare ce ne denota l’importanza. Vegliare non solo perché non sappiamo quando il Signore verrà, ma soprattutto prepararci alla veglia, ad essere desti in qualsiasi ora, prepararci ad una costante attenzione che non permette mai di rilassarsi completamente e fa in modo che quando arriva il padrone non ci trova addormentati. È un tempo questo che ci ricorda di vegliare sulla casa che ci è stata affidata, sul nostro cuore, sulla nostra vita, affinchè niente e nessuno entri senza che ce ne rendiamo conto, affinchè nessuno prenda il posto del padrone. È l’invito ad un atteggiamento di vita di continuo discernimento, di chi sta sulla porta del proprio mondo interiore e decide cosa far entrare e cosa lasciare fuori. Il vangelo inizia dicendo che Gesù si rivolge ai discepoli e chiude allargando l’invito a tutti, è la scelta della chiesa, dei “suoi” a invitare gli altri a fare lo stesso. Tutti chiamati ad attendere nella notte, ma con una certezza nel cuore: il Signore verrà e viene continuamente nella nostra storia, nella nostra vita, nella nostra umanità. Allora il vegliare è possibile perché è preceduto dalla speranza e dalla fede. Suor Giuliana
Mc 1,1-8 “VIENE DOPO DI ME COLUI CHE È PIÙ FORTE DI ME…”
La liturgia della seconda domenica di Avvento ci propone l’inizio del vangelo di Marco. Il Vangelo di Gesù è “la bella notizia” preparata da sempre per noi, atteso e annunciata dai profeti e presentato con forza da Giovanni Battista. Per comprendere questa bella notizia siamo invitati ad entrare nel deserto con il messaggero che grida e annuncia la necessità di preparare la via, raddrizzare i sentieri. La bella notizia è innanzitutto la possibilità della conversione, l’annuncio del perdono dei peccati. E non c’è modo migliore per preparare i cuori se non nell’anticipare una possibilità di vita come fa Giovanni. È questa novità che attira le folle nel Giordano perché hanno bisogno di chi parla di vicinanza, di misericordia, di futuro. Giovanni battista è un annunciatore coerente, annuncia con la forza di chi sa che deve solo preparare gli altri all’incontro con il Signore, con lo zelo di chi si sente responsabile del cammino dei fratelli, con la sobrietà del vero evangelizzatore, con l’umiltà del profeta che mai si sostituisce a Dio. “Viene dopo di me colui che è più forte di me…” lo sguardo non si deve fermare su di lui ma su colui che deve venire. Chi annuncia veramente la bella notizia è capace di invitare sempre ad avere uno sguardo lungo e lungimirante, ad avere il cuore in attesa, l’intelligenza aperta ad accogliere la novità. E sarà una bella notizia anche per noi se ci lasceremo richiamare da questa “voce”, se guarderemo verso la grotta dove, nel mistero della piccolezza tutto ci sarà rivelato.