Dopo aver contemplato la Santa famiglia nella grotta di Betlemme, dove ha inizio la loro storia, ora la troviamo in viaggio verso Gerusalemme. E’ una famiglia chiamata a custodire il mistero, e la sua storia inizia proprio accogliendo il mistero dell’Incarnazione: accogliendo sulla terra il figlio di Dio.

Come tutti i buoni ebrei, Maria e Giuseppe si recano a Gerusalemme, al tempio. E il tempio sembra essere il luogo preferito anche da Gesù che ormai ha dodici anni e discute con i dottori della legge, mentre i suoi genitori lo cercano affannati. Proprio come in una normale famiglia ci si perde, ci si cerca e ci si ritrova. Si vive l’ansia dell’essere genitori:  Maria e Giuseppe cercano il figlio, sentono la responsabilità della custodia nei confronti di Gesù e, spontaneo, viene il rimprovero di Maria: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco tuo padre e io, angosciati ti cercavamo”. Poche parole come sempre, da parte di Maria, ma che esprimono pienamente lo stato d’animo e soprattutto rivelano che ancora i genitori di Gesù non hanno compreso fino in fondo chi è Gesù.                        Sarà la sua risposta a rimetterli sulla strada della comprensione di questo grande mistero. La risposta di Gesù ricorda loro che il suo posto è la casa del Padre, che lui è il figlio di Dio a loro affidato. La risposta di Gesù ricorda loro di fare come i maestri della legge nel tempio: ascoltarlo e mettersi alla sua scuola. Non comprendono Maria e Giuseppe, ma intuiscono che ancora una volta si devono fidare di questo progetto che proprio a Gerusalemme si compirà.

Ricomincia la loro vita di silenzio, tutti riprendono il quotidiano, Gesù torna ad essere sottomesso pur rimanendo figlio di Dio perché chi si abbassa non perde nulla della propria dignità. Il Dio che per trent’anni vivrà silenziosamente a Nazaret ha scelto la via dell’amore e non dell’apparenza, la via delle piccole cose e non i grandi palcoscenici. La sottomissione di Gesù e il silenzio di Maria sono la grande lezione per ogni famiglia che vuole santificare la vita, vuole custodire l’amore, vuole camminare insieme.

Per ogni cammino di comunione vero c’è bisogno di chi ascolta, di chi fa silenzio, di chi custodisce nel cuore ogni evento. Di chi accetta di proseguire pur non avendo compreso, di chi non smette di cercare l’altro…Che la Sacra Famiglia ci insegni a vivere cosi le nostre relazioni!

Suor Giuliana Imeraj

Profeti di attesa operosa

In questa seconda domenica di Avvento incontriamo sul nostro cammino Giovanni Battista, il precursore che ci aiuta ad orientare la nostra attesa. Il brano di Luca (Lc 3,1-6) inizia con una panoramica sulla realtà sociale. Mentre la storia fa il suo corso, mentre i grandi continuano a governare indisturbati, anche la Parola di Dio continua la sua opera silenziosa ed efficace. Si posa su Giovanni Battista. È questo per Luca il segno che si tratta di un profeta che ha da annunciare qualcosa che viene da Dio, ma è per gli uomini. La Parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. L’annuncio di Giovanni si inserisce in un contesto politico e religioso ben preciso. Quello che sta per iniziare, ciò che ha segnato l’inizio della nostra salvezza, non è avvenuto fuori dalla storia ma mischiandosi ad essa e dandole un senso.

Ed ecco Giovanni nel deserto che con la forza della Parola alza la voce e non si risparmia nell’annunciare la novità da accogliere. Non ha paura Giovanni Battista di gridare nel deserto, il vero profeta non parla solo quando è ascoltato, ma rompe magari il silenzio della comodità e del compromesso, inquieta le coscienze, invita ad impegnarsi in prima persona.
Ci sono avvallamenti da riempire, colline da abbassare, sentieri da semplificare, c’è da rendere accessibile a tutti la grazia di Dio, c’è da accogliere la luce. E davanti a tutto questo un uomo, su cui si è posato la parola di Dio, non può tacere. Egli deve gridare ancora di più, percorrendo tutta la regione di Giudea, tutte le strade dove ci sono gli uomini che aspettano una notizia di speranza. C’é da ricordare la fedeltà di Dio, il suo sguardo sempre rivolto agli uomini, la sua scelta di amare e abitare per sempre la terra. Giovanni Battista ci invita ad un’attesa operosa, che non fa stare fermi, che fa stare svegli e in veglia costante. “Egli viene, la sua azione é spesso lenta ma sempre benefica…” (Madre Ilia Corsaro).

Attendere da profeti significa ricordarci reciprocamente questa certezza…Egli viene!

Suor Giuliana Imeraj

Continua ad accompagnarci anche in questa domenica la figura di Giovanni Battista, il profeta della chiarezza che per tutti ha una risposta. La sua predicazione ha superato il deserto dell’indifferenza, le barriere della comodità, la gente va da lui e domanda: “Che cosa dobbiamo fare”?

Preparare le vie al Signore significa dare una forma ben precisa alla propria attesa. Abbiamo capito che sta per accadere qualcosa di nuovo e splendido, ma cosa dobbiamo fare affinchè  noi possiamo essere parte di questo evento salvifico? Per ben tre volte troviamo questa domanda, da tre categorie diverse di persone: le folle, i pubblicani, i soldati.

Per ognuno c’è una risposta, un’indicazione, una proposta. Primo passo a cui invita il Battista è la condivisione: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Rendere gli altri partecipi di ciò che abbiamo, è ciò che poi farà Gesù nell’incarnazione; ci rende partecipi della sua natura divina condividendo la nostra natura umana. Dio divide la sua tunica con noi nel momento in cui sceglie la terra. Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. (Fil 2,6-7)

Poi c’è un secondo passaggio che Giovanni suggerisce ai pubblicani. Fermare la bramosia dell’avere, la tentazione di sempre, di abusare del proprio potere, della propria posizione, dire no alla ricchezza che è frutto del sopruso al povero. E anche ai soldati fa un invito alla giustizia e all’equilibrio; accontentarsi delle proprie paghe, non maltrattare.

Tutti chiamati ad attendere, ma ognuno nel concreto che vive. Si attende con i gesti, con gli atteggiamenti nuovi, con le scelte piccole, quotidiane, possibili.

L’ultimo profeta evangelizza così, invitando a puntare lo sguardo su Gesù che deve venire, indicando l’orizzonte e non se stesso:“Viene colui che è più forte di me”. Il suo compito è predisporre e predisporsi all’attesa, preparare il terreno, dare le occasioni per la conversione e poi anche lui con e, come tutti gli altri,  guardare a colui che deve venire.

   Suor Giuliana Imeraj

Regnare: abitare nella verità e testimoniarla!

Celebriamo in questa domenica la festa di “Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo”. Una festa dal titolo solenne che però fa contrasto con la pagina evangelica di Giovanni (18, 33-37) in quanto troviamo Gesù davanti a Pilato. Non ha affatto l’apparenza di un re, sta davanti ad un potente della terra come colui che deve essere condannato. Pilato senza saperlo dice la verità: nella domanda afferma che Gesù è il Re dei giudei. Era questo il capo principale di accusa. Tutto sembra tranne che un re in questo brano di vangelo: Gesù non ha una corte che lo accompagna, nessun atteggiamento di dominio, nessun appoggio potente, anzi neanche gli amici più intimi sono lì. Eppure i giudei lo accusano di aver detto che è il re dei giudei!

Perché tanta paura se non ha nessun segno di regalità?

Il mio regno non è di questo mondo dice Gesù a Pilato, è evidente infatti non c’è nessuno che combatte con lui e per lui. Ecco perché fa più paura di qualsiasi altro regno, ecco perché un uomo solo diventa la minaccia e il pericolo da eliminare. Perché noi preferiamo i regni di questo mondo, e Gesù propone un regno di verità che si afferma con la sola arma della “verità”.

È proprio un re perché non si rinnega davanti a nessuno, perché porta a compimento la sua missione, perché salva con l’amore tutti quelli che il Padre gli affidati. È la verità che destabilizza sempre i regni umani, è l’autenticità che fa sentire il disagio della mediocrità.  Questo regno di Gesù appartiene non a chi comanda, guida, decide la sorte degli altri, spesso senza scrupoli, né umanità. Questo regno appartiene a chi ascolta la sua voce, a chi si impegna a rimanere nella verità, a chi fino alla fine non ha paura di dire chi è e chi ha scelto di essere.  Questo Gesù apparentemente debole ci insegna a diventare i re della nostra vita e delle nostre scelte, ci insegna che nessuno può decidere noi chi siamo, ci insegna che nessuno è più potente di chi sta nella verità.

Regnare, secondo il Vangelo, significa abitare nella verità e testimoniarla.

 

suor Giuliana Imeraj

Risollevatevi e alzate il capo…

Inizia con questa prima domenica di Avvento il tempo della veglia, dell’attesa attenta e speranzosa. È questo l’atteggiamento che i discepoli sono chiamati ad assumere proprio quando: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte”.

…Davanti a tutto questo non bisogna forse reagire? Non è forse naturale avere paura e scappare?

Gesù invita ad alzare il capo e a vedere tutto come la possibilità della liberazione che è vicina. Una scelta di attenzione sulla propria vita, sul proprio cuore. Un invito a liberarci dai pesi inutili, dalle cose che ci frammentano il cuore, da tutto ciò che ci fa disperdere le energie migliori. Stare attenti a noi stessi perché la catastrofe peggiori non sono quelle che possono sconvolgere il cielo e la terra, ma tutto quello che può distruggere la nostra vita quando da essa escludiamo Dio. Guardare i segni anche quelli grandiosi come una ulteriore occasione di conversione e con umiltà fare la nostra parte.

Qual è allora il compito del discepolo? Vegliare! Atteggiamento apparentemente passivo, non coerente con quanto sta accadendo. Eppure è tutto quello che Gesù chiede…Vegliare, essere svegli, coscienti e soprattutto pronti ad agire, vegliare per non perdere il significato dei segni e i percorsi di cambiamento che sempre il Signore propone per la nostra vita. Vegliare non subendo ma pregando, non una veglia solitaria ma in comunione. Vegliare è l’atteggiamento che ci custodisce dal pericolo del cuore appesantito, dallo spirito pieno di affanni e preoccupazioni, è l’atteggiamento che ci libera dalla paura del non senso e ci prepara ad un incontro meraviglioso. Perché solo chi veglia è certo della luce nuova, è certo che, per quanto una notte possa essere lunga non sarà mai infinita, non potrà mai impedire al sole di sorgere. Vegliare è già sperare, è già credere.

Suor Giuliana Imeraj

Su di noi

Nel nostro nome "Piccole Missionarie Eucaristiche" è sintetizzato il dono di Dio alla Congregazione. Piccole perchè tutto l'insegnamento di Madre Ilia sarà sempre un invito di umiltà, alla minorità come condizione privilegiata per ascoltare Dio e gli uomini.
80124 Bagnoli, Napoli
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