Mt 21,33-43
Siamo ancora nel capitolo ventunesimo del vangelo di Matteo e continua il discorso di Gesù in sul Regno di Dio. Un’altra parabola diretta ancora una volta agli anziani e ai capi del popolo. Gesù con questa parabola è ancora più chiaro, non lascia spazio ad alcun dubbio. Il padrone della parabola è attento, prima di affidare la vigna ai contadini si procura di recintarla, di scavare la buca per il torchio e poi di costruire la torre. È tutto pronto, i contadini dovranno solo coltivarla affinchè porti frutto.
Quando arriva il tempo di raccogliere i frutti, non solo non arrivano ma addirittura i servi che il padrone manda vengono maltrattati e uccisi, i primi, i secondi, e addirittura il proprio figlio.
Tante le possibilità predisposte, prima di tutto il dono della vigna affidata, per curarla, coltivarla, fare sì che porti i frutti e non certo possederla. Immensa la pazienza di quest’uomo che non interviene subito, attende, riprova una seconda e una terza volta mandando e “perdendo” ciò che ha di più caro: il proprio figlio. Prima della conclusione Gesù pone una domanda: Che farà il padrone della vigna? Non rinnuncerà di certo alla sua opera ma lo affiderà ad altri, ad altri che producano frutto. Vi sarà tolto il Regno di Dio, vi sarà tolto perché il tesoro, la perla preziosa non possono essere sepolti o andati persi, non possono essere solo il motivo per vantarsene e farci sentire a posto. Il tesoro e la perla preziosa, cioè il Regno di Dio è un dono da moltiplicare, condividere, curare, potenziare.
Questa Parola ci invita a portare frutti, o meglio, a domandarci quali frutti Dio attende da noi?
Una certezza c’è; Dio non abbandona mai la sua vigna, il suo amore è instancabile, è un amore che recupera le pietre scartate per farle diventare pietre d’angolo, è un amore che dalla roccia fa sgorgare l’acqua, è un amore creativo, capace di trovare sempre nuove vie per arrivare all’umanità.