Mt 25,31-46


In questa domenica celebriamo la solennità di Cristo Re dell’universo, Signore del tempo e della storia.
Questa pagina evangelica di Matteo ci parla del Regno di Dio come di un luogo preparato da sempre per noi. Il suo regnare è farci partecipi della sua gioia, della sua vita, della sua eternità.
Venite benedetti del Padre mio, è questa l’affermazione che caratterizza il modo di regnare di Dio, non sudditi o servi, ma benedetti, amati, salvati e chiamati. Il Signore ci invita così ad entrare nel suo regno preparato da sempre, ma soprattutto costruito nel proprio quotidiano. È un Regno fatto di quei gesti piccoli, di cuore, semplici e perseveranti, tanto naturali da non accorgerci che ci hanno procurato una gioia che non avrà mai fine. Quando amare diventa naturale si vive in pienezza la propria vocazione, ci si accorge dell’altro, ci si fa carico dei fratelli più deboli, si vive con gli occhi e il cuore aperti sulla realtà.
Venite benedetti del Padre mio perché avete capito che la vita è un camminare insieme, che l’amore è comunione, che lo straniero e il carcerato sono umanità da amare, che la felicità è tale solo se condivisa. E allora questo vangelo oggi è come quel segnale stradale che ci segnala di fare attenzione, attenzione affinché non viviamo la vita senza accorgerci di nessuno e senza che nessuno ci tocchi. Attenzione affinché riconosciamo che Dio non ha un solo volto, ma infiniti volti e presenze. I volti di tutti quelli che abitano la mia quotidianità e la mia esistenza.
Anche per noi dopo aver ascoltato e meditato queste parole risuoni forte questa preghiera di Raoul Follereau: “E non permettere più, o Signore, che viviamo felici da soli”.


suor Giuliana

(Mt 25,14-30)

“CONSEGNÒ LORO I SUOI BENI…”

Questa pagina evangelica ci propone oggi la parabola dei talenti. Ci invita a contemplare il modo di agire di Dio che è caratterizzato da una fiducia smisurata,  soprattutto ci invita a guardare noi stessi, la nostra vita, i nostri talenti. Ci invita a far uscire fuori quanto è stato sotterrato.

Questo padrone parte e consegna i suoi beni, senza condizioni, senza minacce, senza sapere che fine avrebbero fatto i suoi talenti, senza raccomandazioni affinchè arrivino i frutti. Egli consegna i beni e consegna il senso di responsabilità ai suoi servi. È la sua fiducia, la sua libertà a far ricordare ai servi che si è chiamati a credere e  a investire. Ed ecco che dopo la consegna entra in gioco la decisione personale di vivere come chi ha dei talenti, come chi li ha ricevuti in dono, come chi è abitato dal senso della gratitudine e risponde  con responsabilità.

Il terzo servo sotterra il talento. Un dono prima di farlo fruttificare bisogna accoglierlo, riconoscerlo come tale, riceverlo come un atto d’amore e non di minaccia. Io ho avuto paura risponderà al padrone al suo ritorno, è proprio la paura che ci porta spesso a sotterrare i talenti, i beni, i doni, la vita stessa. Ho avuto paura, perché non ho capito che tu avevi fiducia in me, che mi volevi ricordare di cosa sono capace, che con me volevi stabilire una relazione (prendi parte alla gioia del tuo padrone) vera e profonda. Spesso sotterriamo i nostri talenti quando dimentichiamo di averli, quando li mettiamo in un angolo della nostra vita…L’arrivo del padrone ci ricorda solo che quel talento è rimasto lì e non possiamo dire altro che: Ecco qui ciò che è tuo! Ma Dio ce lo ha consegnato non per riaverlo, piuttosto per moltiplicarlo.

Questa parabola ci insegni a non dire mai: ”ecco qui il tuo”, ma ecco qui il nostro, ecco qui quello che insieme abbiamo potuto far fruttificare, ecco qui il segno della nostra collaborazione, ecco qui la gioia che è scaturita grazie al talento da te affidato.

suor Giuliana

Gv 2,13-22
NON FATE DELLA CASA DEL PADRE MIO UN MERCATO!

Siamo a Gerusalemme ed è vicina la Pasqua dei giudei, ma siamo soprattutto nel tempio, luogo simbolo della religione, luogo che rappresentava l’identità di questo popolo. Nel tempio non si vive aria di raccoglimento e preghiera, nel tempo è diventato anche luogo di commercio. Ed ecco che troviamo anche un Gesù insolito, che reagisce con i gesti e con le parole. Non fate della casa del Padre mio un mercato.
Questo è il suo monito, la costatazione e l’esortazione ancora una volta a non confondere ciò che è di Dio con ciò che è degli uomini. Gesù sente un profondo legame con il padre e un grande senso di appartenenza. Il tempio è il posto per incontrare Dio, il padre suo, non un mercato dove si fanno affari.
Ovviamente la reazione di Gesù non passa inosservata ed ecco che i giudei vogliono un segno che giustifichi tutto questo. Ma il Signore offre molto di più, non un segno, ma un dono , il suo corpo, dove non c’è la logica del mercato ma dell’offerta, dove nessuno può fare affari ma può vivere la gratuità. Un corpo indistruttibile, che supera la morte e dopo la resurrezione diventerà il tempio dove tutti possiamo riposare, dove possiamo solo ricevere senza nulla dare in cambio, dove possiamo ritrovarci e riscoprirci fratelli.
Nel dono del suo corpo anche noi tutti siamo il tempio di Dio, luogo dove Lui abita e quindi con Lui indistruttibili per sempre. Siamo il luogo che custodisce Dio, che offre Dio, che ricorda Dio!!!
sr Giuliana

MT 22,34-40

Ciò che conta è essere nell’Amore!

Anche questa domenica la pagina evangelica comincia con una provocazione da parte dei farisei nei riguardi di Gesù. Ancora una volta si parte dal desiderio di metterlo alla prova, di incastrarlo, di farlo trovare in difficoltà. Ma anche da una provocazione può nascere una lezione di vita e di fede  per tutti. Qual è il più grande dei comandamenti? L’argomento è interessante, sui comandamenti sono tutti d’accordo, farisei, sadducei, dottori della legge, capi degli anziani.

E Gesù risponde da vero maestro, semplificando, facendo sintesi, puntando all’essenziale. Non c’è un comandamento più grande o più piccolo, più importante o meno importante quando si è nella logica dell’amore. Chi pone questa domanda è nella logica della paura, della legge non osservata che diventa castigo, ha un idea di Dio che non corrisponde al volto di Gesù, allo stile e alle scelte che fin d’ora Lui ha fatto.  Chi circonda Gesù rimane confuso, non sa più scegliere tra ciò che sa con la mente e ciò che vede con gli occhi. Gesù non va contro i comandamenti eppure vive nell’Amore e fa riscoprire la misericordia.

L’amare Dio con tutte le forze, la mente e il cuore e amare gli altri come se stessi è una vocazione, una missione, una esigenza che nasce dal profondo, è vivere pienamente la propria umanità.

Gesù ricorda semplicemente per cosa siamo fatti e soprattutto ci facilita la strada, ricordandoci che amare non è un dovere, un obbligo o una costrizione.

Da questo dipendono leggi e profeti, da questo dipende la storia e il cammino degli uomini, questo è quanto dobbiamo sapere e vivere, questo è quello che Gesù porta a compimento. La missione di Gesù è ricordare e insegnare ancora una volta la via smarrita dagli uomini, la via dell’amore, afferma che amare è una cosa semplice, non ci complica la vita ma se mai la allarga verso orizzonti infiniti e la rende incredibilmente bella e vera.

Suor Giuliana

Mt 22,15-21

In questo brano di Matteo è chiaro che il rapporto tra Gesù e i farisei è ormai molto teso. Quanto Gesù ha affermato del Regno, di sé, e di loro, è troppo per accettarlo. Si cercano strategie, si studiano le modalità per mettere alla prova Gesù.  Ma anche i farisei senza saperlo dicono di Gesù e riconoscono in Lui quanto riconosce e dice la folla. Gesù è il maestro, è veritiero, è la verità, e soprattutto è un uomo libero (non hai soggezione di nessuno). Proprio per questo conosce i pensieri e le intenzioni nascoste del cuore e della mente degli uomini, e riesce a rimanere sempre libero, anche davanti a questa domanda:

È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?

Gesù non è venuto a stabilire ciò che è lecito e ciò che non lo è, ciò che è giusto e ciò che non lo è. Lui è venuto ad indicare e tracciare la via del bene, della misericordia, della libertà. A differenza dei farisei, infatti, Lui non obbliga, non costringe, non pretende che gli uomini obbediscano alla legge di Dio. La propone come una possibilità bella, una possibilità di vita, come una via per la felicità.

E allora davanti a questa domanda provocatoria, Gesù non va in confusione, è semplice, e da Maestro ancora una volta invita a dare agli uomini ciò che spetta agli uomini e a Dio quel che è di Dio. Sono due livelli diversi, due dimensioni da non confondere, ma da rispettare e considerare per quelle che sono.

Il problema non è pagare le tasse a Cesare, ma piuttosto non dare a Dio il primo posto. Si potrebbe capovolgere la domanda: è lecito dare a Dio ciò che è di Dio?

Forse questa è la confusione che portiamo dentro, non distinguere e non sapere più quello che è di Dio. Dalla confusione nasce la schiavitù tante volte, dalla non chiarezza la paura che l’altro mi sta togliendo qualcosa. Dare a Dio ciò che è di Dio è semplicemente vivere nella gratitudine, non sostituirlo con gli altri e con le cose.

Su di noi

Nel nostro nome "Piccole Missionarie Eucaristiche" è sintetizzato il dono di Dio alla Congregazione. Piccole perchè tutto l'insegnamento di Madre Ilia sarà sempre un invito di umiltà, alla minorità come condizione privilegiata per ascoltare Dio e gli uomini.
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