Gesù presenta alle folle, e a tutto il mondo, il suo manifesto. In nove semplici frasi racchiude la sintesi del suo Vangelo, del suo messaggio che ha cambiato la storia per sempre e ha offerto all’uomo la via della felicità. Il linguaggio è chiaro, immediato, non lascia spazio ad equivoci e malintesi, ma quanto è duro, impegnativo! Tanto duro che Gesù, anche ai suoi, dovrà dire: “Volete andarvene anche voi?”. Anche i discepoli erano attratti dal potere, dalla voglia di prevaricare e prevalere, di comandare. I figli di Zebedeo manderanno la madre a parlare con Gesù, perché desideravano stare alla destra e alla sinistra …Non importa se gli altri dieci non ci sarebbero stati, se sarebbero rimasti indietro o altrove. E ancora, un giorno Gesù sorprese i Dodici a discutere su chi, tra loro, fosse il più grande e dovette puntualizzare: “I re delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così…”(Marco 10, 42-44). Anche la sera di Pasqua ribadirà la sua logica che ci sconvolge e ci appassiona “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri” (Gv 13, 14). Gesù con i suoi discorsi spiazza tutti: colui che comanda serve, è più grande il più piccolo, i poveri sono ricchi…sono felici! Nel “discorso della montagna”, appunto le Beatitudini, sintetizza la sua proposta, la sua visione, lo stile dei suoi amici. Ci vuole educare alla sua prospettiva che suona come una sfida in una realtà dominata dai più forti, dai più ricchi, dai più dotati. Ci vuole regalare la speranza che ogni vita vissuta con mitezza, generosità, giustizia, purezza non andrà perduta, ma -ancora di più -costruisce un mondo veramente umano, quello che Dio sogna.
La chiave del discorso sta nella prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”… Felici coloro che si fidano e affidano a Dio, che credono in questa presenza amica che accompagna, custodisce, libera…il Regno di Dio appartiene ad essi. La frase subordinata causale “perché di essi è il regno dei cieli” è al presente, così come l’ultima, dice l’immediatezza, l’oggi della salvezza. Anche quando la forza sembra prevalere, la guerra e l’ingiustizia sembrano dominare i rapporti umani, il credente sa che non saranno le ultime parole. Sa che la sua vita è “sale e luce”, “lievito”, ad imitazione del suo Maestro.
“Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”. Con un riferimento al profeta Isaia, l’evangelista Matteo (4,12-23) dà l’inizio al racconto della vita pubblica di Gesù sintetizzandola così: Egli “percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e infermità nel popolo”. E’ Gesù la luce del mondo, perché lui, solo lui, è il Signore e salvatore. Come afferma anche Paolo nella seconda lettura di oggi (1Corinzi 1,10-13.17)
Il Vangelo di questa domenica, terza del tempo ordinario, ci racconta in poche righe un avvenimento che ha cambiato il corso della storia. Gesù, saputo che Giovanni Battista è stato arrestato, torna nella sua terra, in Galilea e comincia a predicare. Comincia dai più lontani. Inizia, cioè, la propria opera evangelizzatrice in maniera pubblica, ma con un ribaltamento radicale rispetto alle abitudini del Battista. Quella che sembra una sonante sconfitta (l’arresto del Battista) per il popolo, assetato di Dio e in attesa del suo Messia, si trasforma per Gesù nell’esperienza della chiamata più importante per la sua vita.
Il racconto di Cafarnao, è un racconto di vocazione meraviglioso, perché è il racconto di una quotidianità cambiata in dimora dell’Altissimo. Lì il Maestro, il Messia, il Figlio di Dio decide di abitare fra la gente, la gente di ogni condizione e provenienza. Lì egli incontra uomini immersi in tante attività, di ogni tipo, tutte attività umane, in mezzo alle quali Gesù si immerge. In questo luogo Gesù predica la conversione: Convertitevi, perché il Regno di Dio è vicino (4, 17). In che senso? Sembra esserci una sola risposta, convertirsi significa comprendere che il Regno di Dio è vicino! Che il Regno è proprio lì, non accanto, ma in mezzo a loro! Oggi! Non è più, il Regno, un insieme di norme e di riti da osservare e conservare, per garantire una vita austera ed moralmente perfetta, perseguibile soltanto da qualche gruppo di eletti, certamente conosciuti da Giovanni il Battista nelle zone desertiche del Mar Morto. Il Regno di Dio, con Gesù e in Gesù, è Lui stesso: una persona, una relazione, una presenza nuova.
Allora il Regno di Dio, che è l’Amore assoluto del Padre, non può che dimorare proprio lì, e abitare la quotidianità. Un Regno che si fa presente in un Uomo e, non nelle idee o nelle regole, sicuramente è più attraente. Gesù, chiama a seguire Lui! Chiama degli amici di vita a porre i propri passi sulle sue orme! Chi si accorge che il Regno è qui, in mezzo a noi , oggi, se ne innamora! E tutto il resto assume un valore diverso.Gesù assicura loro di continuare il loro lavoro. Resteranno pescatori, ma di uomini per dare vita ad altri uomini. La storia personale di ogni uomo viene assunta e trasformata da un orizzonte diverso. Il Regno di Dio in mezzo alla gente, fa scoprire ad ognuno cosa porta dentro per trasformarlo in dono e in gioia. Chiediamo al Signore di camminare con noi e tra di noi, di farci capaci di lasciare ciò che ci impigrisce per poter essere anche noi, oggi, testimoni della Sua buona notizia.
Il tempo del Natale, che si chiude oggi con la festa del Battesimo di Gesù, ci porta sulle rive del Giordano, dove Giovanni Battista predica la conversione dai peccati per accogliere il regno di Dio che è vicino. Gesù scende con la folla nell’acqua per farsi battezzare. Si sottopone ad un gesto rituale di penitenza, suscitando una vivace polemica tra i presenti. Ma il piano di Dio prevedeva anche questo, e Gesù, il Figlio obbediente, si sottomette docilmente alla volontà del Padre, facendosi solidale con gli uomini e caricandosi dei loro peccati. E’ un momento fortemente connotato dalla meraviglia per le cose impensabili che il Signore va compiendo. Gesù riceve su di sé non tanto l’acqua del Giordano, quanto la nostra umanità e si immerge nel nostro limite, condivide la nostra fragilità.
Il racconto presenta due caratteristiche: in primo luogo viene riportato il dialogo fra Gesù e il Battista. Se il battesimo di Giovanni esprimeva il bisogno della conversione e del perdono dei peccati, il battesimo del Messia “in Spirito Santo e fuoco”, sarebbe stato capace di trasformare l’uomo in profondità, di creare quel cuore nuovo di cui avevano parlato i profeti. Gesù è venuto per colmare la distanza fra l’uomo e Dio. Egli è tutto dalla parte di Dio e tutto dalla parte dell’uomo e riunisce ciò che era diviso. Per questo chiede a Giovanni di essere battezzato, perché “ si compia ogni giustizia”, si realizzi cioè il disegno del Padre che passa attraverso la via dell’obbedienza amorosa e della solidarietà con l’uomo fragile e peccatore, la via dell’umiltà e della piena vicinanza di Dio ai suoi figli.
Il pensiero di Gesù è chiaro: vi è una giustizia da portare a compimento, una giustizia sovrabbondante, ma non ancora del tutto evidente a Giovanni e che si manifesterà sempre più nel corso della sua vita e soprattutto nella sua Pasqua. In secondo luogo, le parole che vengono dall’alto sono rivolte a tutti i presenti. Gesù, il Messia, ricolmo di Spirito Santo, viene presentato a Israele e all’intera umanità: è il Figlio amatissimo, in cui il Padre trova tutta la sua compiacenza è l’uomo nuovo che svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. E le parole:” Tu sei il mio figlio prediletto” sono rivolte anche a noi, scelti e prediletti per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinati a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,4-5).
Ora l’uomo può specchiarsi in Gesù per conoscersi fino in fondo, per fare la verità su di sé. Nel confronto si ritroverà fragile e, insieme, dotato di grandi possibilità: peccatore e destinatario dell’amore misericordioso di Dio; caduto e risollevato dalla bontà onnipotente del Padre. Nel battesimo di Gesù, siamo chiamati a riscoprire il nostro battesimo: rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, siamo figli amati, oggetto della compiacenza di Dio, fratelli tra tanti altri fratelli, investiti della missione di testimoniare e annunciare l’amore sconfinato di Dio Padre.
Dopo la festa del Battesimo di Gesù intraprendiamo il nostro cammino di sequela insieme all’inizio della sua vita pubblica. C’è però bisogno di questa sosta di comprensione della figura di Gesù che ci offre in questa domenica il Vangelo di Giovanni (Gv 1,29-34).
Chi è Gesù? Dietro a chi ci stiamo incamminando? Ci viene in aiuto la testimonianza di Giovanni Battista che ha fatto esperienza e ce lo presenta con la chiarezza e l’audacia dei profeti. “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!” Giovanni Battista termina la sua missione profetica indicandoci l’agnello di Dio. Una formula solenne per indicare ciò che si compie e ciò che inizia. Giovanni presenta chi è più grande di Lui, dandoci un altro indizio sulla figura di Gesù: Lui è più grande, Dio è altro da noi e soprattutto da quello che noi ci aspettiamo. Questi sono i profeti, consapevoli di una grande missione ma coscienti che la grandezza è di colui che si annuncia.
“Ecco”! Un semplice avverbio che ci indica il tempo compiuto, la presenza. E’ invito a guardare verso il Signore, nuovo inizio, nuovo cammino, nuova storia d’amore. “Ecco” davanti a noi colui che toglie e libera dal peccato, da quella radice di egoismo che uccide il mondo.
“Ecco” il messia , il liberatore da quello che inquina il cuore e non permette agli uomini di generare l’amore. “Ecco”, per noi e con noi Dio ha scelto di abitare l’umanità. Risulterà la lezione più difficile da comprendere per gli uomini di ogni tempo, perché forse in fondo preferiamo un Dio un pò lontano, a distanza di sicurezza, giusto quanto basta per non essere richiamati alla nostra profonda e vera vocazione, quella di amare. Perché amare è impegnativo, questo Dio si rivelerà esigente. Giovanni conferma la testimonianza con la sua esperienza personale. Egli è passato dalla non conoscenza alla contemplazione dello Spirito che scendeva su Gesù nelle acque del Giordano.
La sua missione si può considerare compiuta, ha visto e testimoniato, ora tocca a chi vedrà, incontrerà, toccherà il Figlio dell’uomo fare altrettanto. Tocca a noi scegliere cosa fare di questo annuncio, di questa presenza; tocca a noi riuscire a contemplarlo nella ferialità della condizione umana. Occhi nuovi, cuore disponibile, mani aperte ai gesti e ai segni della sua presenza. Vedere e testimoniare, binomio inseparabile per chi si mette alla scuola del vangelo.
Il Vangelo odierno (Luca 2,16-21) ci presenta altri personaggi importanti che salgono sulla scena nel momento in cui nasce il Figlio di Dio. Ricevuto l’annunzio di gioia dagli angeli, essi, senza indugio vanno alla grotta, vedono il Dio bambino e lo annunziano a tutti coloro che incontrano.
Inizia la dinamica missionaria della chiesa: l’annuncio porta all’ascolto…l’ascolto alla visione….si comunica agli altri affinché anche loro possano fare esperienza del Signore. Sì. Abbiamo bisogno di fare esperienza di lui, di lasciarci toccare da lui per capire il senso profondo della nostra vita che non è un possesso geloso da custodire, ma un dono da dare! Sono i primi annunziatori della fede e come sempre sono scelti fra gli ultimi, i semplici, i poveri. Senza indugio: è questo l’atteggiamento giusto di tutti coloro che hanno incontrato il Signore nella propria vita. Sì, senza indugio, senza perdere tempo, si dà inizio a quella comunicazione rapida, ma profonda che qualcosa è cambiato nella nostra vita, che abbiamo incontrato un senso che ci ha sconvolti. Che stupore! Il Signore, proprio lui, si lascia incontrare da noi sue creature fragili e talvolta deboli. Che meraviglia! Impariamo a coltivare questo atteggiamento di stupore, altrimenti corriamo il rischio di rinchiuderci in quell’abitudine che ci porta a vivere tutto ciò che ci viene donato con tanta meccanicità ed eterna ciclicità. Il Dio del cielo che nasce per noi, che è Bambino adagiato in una mangiatoia ci lascia capire, ancora una volta, lo stile con cui dobbiamo vivere: quello delle piccolezza e dell’abbassamento. Dio si china su di noi, viene in mezzo a noi, vive con noi. Diciamolo a tutti! D’altra parte non possiamo tralasciare l’insegnamento che Maria da a noi quest’oggi: conservare ogni cosa, ogni evento, ogni parola nel proprio cuore, nella propria interiorità per farne oggetto continuo di riflessione, per incontrarle nuovamente con uno sguardo e un capire sempre nuovo.
Dio viene a noi per mezzo di Maria, grazie alla sua disponibilità. Apriamo il nostro cuore alle meraviglie che il Signore compie per noi, riempiamo i nostri occhi di stupore per le bellezze che ci sono donate e, senza indugio, narriamo ad altri che il Signore è presente in mezzo a noi, è con noi e con noi rimarrà per sempre.