Con questa domenica inizia solennemente la Settimana Santa. Il nostro cammino quaresimale volge al termine e il deserto, da cui eravamo partiti, si trasforma in una città brulicante di folla numerosissima che “stese i suoi mantelli sulla strada… L’ingresso regale di Gesù, acclamato dalle folle, potrebbe diventare il simbolo del suo ingresso reale nell’intimità del nostro cuore, ove ci poniamo in ascolto delle sue ultime parole, come preziose indicazioni per il nostro cammino di discepoli. La luce sfolgorante del mattino di Pasqua sarà direttamente proporzionale alla nostra disponibilità ad attraversare come e con il Signore, la fatica dell’umiliazione e ciò che sentiamo come morte. La domanda che si pone tutta la città, in preda all’agitazione, risuona con forza anche nel nostro cuore: “Chi è costui?” San Paolo ci offre una spiegazione che, a prima vista, può sembrare inaccessibile:” Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio: ma spogliò se stesso…”(Fil 2,6-8).  Gesù poteva non scegliere di redimere i nostri peccati attraverso la passione e la morte; ma in Lui la risposta al dolore e al male non si è limitata a formulazioni dottrinali, si è fatta, invece, Persona incarnata.  Seguire Cristo è ascoltarlo, è seguire l’esempio che Egli ci ha lasciato e che la Settimana Santa ci ripropone ogni anno, in preparazione alla Pasqua.


Al centro della nostra fede cristiana vi è il mistero che Dio ha scelto di rivelare, attraverso una sottomissione senza riserve al richiamo verso il basso. Dio ha scelto di manifestare la pienezza del suo amore in un uomo, la cui esistenza l’ha condotto a una morte umiliante, fuori dalle mura della città. Colui che era dal principio con Dio e che era Dio, si manifestò come piccolo e debole bambino, profugo in Egitto, adolescente obbediente, discepolo penitente del Battista, predicatore della Galilea, seguito da alcuni semplici pescatori.

La vita di Gesù di Nazaret è stata una vita di risposta alla tentazione del potere. Gesù non lascia dubbi sul fatto che la via che Egli ha vissuto è la via che indica ai suoi seguaci:” Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo..”(Mt 20,26-28).  La via dell’abbassamento è la via della croce:” Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me..”(Mt 10,38..)  Il discepolo è colui che segue Gesù lungo questa via ed entra con Lui in una vita nuova. E’ un cammino arduo e sconcertante. E’ la via di Dio, che si rivela nella discesa verso il basso, perché soltanto Colui che è Dio può spogliarsi dei privilegi divini e diventare come noi. La via dell’abbassamento è la via della croce, la via di Cristo. E’ proprio questo modo divino di vivere che il Signore vuole donarci, affinché diventi nostro, perché siamo trasformati in Lui, dal nostro rapporto con il suo Spirito.   La vita spirituale è la vita dello Spirito di Cristo in noi e fra di noi. Lo Spirito Santo ci guida a percorrerla, non per farci soffrire, ma per aiutarci a vedere Dio presente in mezzo alle nostre lotte, per diventare testimoni della sua compassione, nella concreta situazione del tempo e del luogo in cui viviamo.

Signore Gesù, vogliamo entrare con te e come te nel mistero di questi giorni santi, in punta di piedi e con il cuore colmo di meraviglia per ogni tuo minimo gesto, per la tua più piccola parola, così pure vogliamo custodire ogni tuo sguardo e ogni tuo silenzio.

sr Annafranca Romano

In questa liturgia odierna, quinta di quaresima, esplode con gioia il senso della vita. Attraverso il Vangelo, infatti, siamo chiamati a confrontarci con il miracolo del ritorno all’esistenza di Lazzaro che diventa per noi simbolo della risurrezione e della vita.

Lazzaro è malato (v. 1); a lui Gesù vuole molto bene e, quando lo viene a sapere, si trattiene ancora due giorni prima di andare da lui (vv. 6.11). Egli aspetta che si completi il ciclo biologico di Lazzaro per meglio manifestare l’opera di Dio affinché i discepoli credano (v. 5) che proprio lui è l’inviato del Padre che ridona vita a tutti coloro che, credendo, si affidano a Lui.

È bene soffermarci oggi, sulla progressione della fede in Marta. Ella aspetta l’amico Gesù che tarda a venire, in un certo senso lo rimprovera al suo arrivo (v. 21) ma sa che qualunque cosa il Signore farà, sarà bene per lei e per tutta la sua famiglia. A lei il Signore rivolge un’interessante domanda, valida anche per noi: “Credi tu questo? (v. 26) Credi cioè che a me tutto è possibile? Ella risponde affermativamente e scopre le meraviglie di Dio. Quest’esperienza così forte la spingerà a chiamare sua sorella  Maria ricordandole che “il Maestro è qui e ti chiama” (v. 28)… un bell’invito anche per noi.

Sì, il Signore ci chiama a vivere con Lui, per Lui ed in Lui tutta la nostra esistenza. Ci fa uscire dalle tenebre della nostra interiorità, ci chiama a venir fuori dai nostri sepolcri (v. 43) in cui per paura e per dolore ci siamo rinchiusi per liberarci e farci andare (v. 44) con passo deciso verso di lui.

Accettiamo, allora, quest’invito, prostriamoci ai piedi del Maestro (v. 32), riconosciamolo Signore e affidiamo a lui tutto noi stessi per vivere da uomini e donne libere nell’amore e per aiutare tanti che sono lontani a vivere la magnifica esperienza di Dio che salva, redime, perdona.

suor Simona Farace

Siamo arrivati alla quarta domenica di Quaresima e oggi protagonista della liturgia della parola è la luce.”Un tempo eravate tenebra” leggiamo nella seconda lettura (Efesini 5,8-14), “ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora, il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità”. È Lui la luce del mondo, le nostre tenebre saranno illuminate da Cristo, solo Lui può aprire i nostri occhi alla luce. Nel Vangelo la riflessione parte dalla guarigione di un povero, cieco dalla nascita; il miracolo raccontato, avviene a Gerusalemme, lontano dal tempio e suscita reazioni diverse tra la gente che conosceva il “Cieco nato”. Il brano del cieco nato ci presenta la condizione degli uomini: chi accoglie la luce, Gesù Cristo e chi, invece, si mette in contrasto con Lui che è la luce del mondo. La luce di Cristo è un dono gratuito: questo è ciò che ci mostra Il vangelo della guarigione del cieco nato. Il cieco nato non chiede nulla,  è Gesù che posa il suo sguardo su di lui e dà così modo ai discepoli di interrogarlo sul legame, per loro stretto, tra il peccato e l’infermità. Ma Gesù subito afferma con chiarezza che “né lui né i suoi genitori hanno peccato”, facendoci intendere che la sofferenza è una situazione insita nell’uomo fin dalla nascita. Tutti siamo “malati” e bisognosi del “medico celeste” che per primo volge lo sguardo su di noi, per primo prende l’iniziativa: necessaria al miracolo però è la disponibilità e l’apertura all’opera di Gesù.

Alla iniziativa di Dio il cieco deve fare qualcosa, deve obbedire alla parola di Dio, non deve giustificarsi per il fatto che non vedendo non può dirigersi alla piscina. Deve rischiare di camminare ancora nel buio, di inciampare, di cadere, se confida nella parola del Signore che l’ha raggiunto con amore, solo allora può sperimentare la potenza dell’azione divina nella sua esistenza e cominciare a vedere. Perché la luce entri e ci illumini è necessario la nostra parte: ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica. Il cieco, inconsapevolmente, ha compiuto un itinerario dalle tenebre alla luce della fede in Gesù. Crede e riconosce in Colui che gli ha dato la vista, il Signore della sua vita. È questo l’incontro che il Signore chiede ad ognuno di noi: ci chiede un adesione piena e incondizionata alla sua persona, ci chiede di incontrare la Sua presenza viva e vera e vivere per Lui solo. Se Lui è la nostra luce, noi vedremo nella Sua luce e diventeremo trasparente manifestazione delle sue meraviglie nella nostra vita. La storia di questo cieco guarito proietta una luce nuova sul nostro cammino di fede, nelle profondità del cuore umano, sugli ostacoli che incontriamo quotidianamente, sulle tentazioni che ogni giorno dobbiamo affrontare.

Ci fa comprendere che la luce è esigente, ci costringe a rompere con le nostre vecchie abitudini, ad allontanare le oscurità che ci avvolgono e a ritrovare l’entusiasmo del momento del nostro primo incontro con il Signore.

Suor Assunta Cammarota

Il vangelo di questa domenica ci presenta un insolito incontro, al luogo e all’ora sbagliata, anche con la persona sbagliata: una donna, straniera, samaritana.  Un incontro dovuto alla stanchezza di Gesù apparentemente, alla sete, alla voglia di fermarsi, al desiderio di freschezza, al bisogno di ristoro.  Gesù desidera l’acqua e il riposo, ma ancora una volta darà molto di più di quanto desidera… La Samaritana è una donna abituata a relazionarsi, intraprendente nei discorsi, questo Gesù la mette tuttavia in difficoltà. “Come mai tu che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?” Qualcosa non torna, è chiaro che  Gesù ha infranto già diverse regole.

«Dammi da bere», non importa che il pozzo è quello di Giacobbe dove i samaritani attingono, non importa chi è colei alla quale lui chiede, non importa nulla. A Gesù importa cogliere questo momento, trasformare questo incontro in un evento di salvezza per questa donna straniera e sconosciuta.  C’è una sete di Dio di incontrare l’umanità sulle sponde di qualsiasi pozzo; ha sete di stabilire alleanze, creare ponti, tirare fuori il bello e il buono di ogni creatura.

Dammi da bere! in questo imperativo c’è l’esigenza che Gesù sente di far conoscere il suo dono, il dono che Lui è…se tu conoscessi il dono! La vita di questa donna è una vita spezzata in tanti rapporti, ma nessuna stabilità. Piena di legami che l’hanno resa schiava, svuotata di senso, dignità, di un nome. La donna va ad attingere acqua  a mezzogiorno, fuori orario, quando non va nessuno, perché lei per tutti è nessuno, per tutti ma non per Gesù. Questo “fuori orario”, si rivelerà il tempo della grazia per lei, momento favorevole per incontrare il Messia e grazie a Lui incontrare la verità di se stessa. Perché quando si è davvero di fronte a Dio nulla di noi ci fa più paura, il passato riprende i suoi contorni e si ridimensiona, non impedisce alla vita di avere presente e futuro.

Tutto questo passa per un momento di confusione, è il primo effetto che scaturisce dall’incontro con Gesù. Di fronte a chi mi trovo? Un profeta, un Messia? E poi tutto quello che già si sa: la legge, i comandamenti, le usanze del proprio popolo. Sappiamo che dobbiamo adorare Dio sul monte e invece? Benedetta confusione che fa cadere tutte le impalcature che imprigionano Dio in tradizioni e precetti!  È Dio stesso a liberarci da tutto questo; “Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre.  Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”.  Non più i luoghi, nè i monti, né i tempi, ma una persona: l’uomo Cristo Gesù, nello Spirito e nella verità.  E quando l’incontro si compie in questa dimensione profonda, quando si tocca la radice e si abbraccia l’essenziale avviene veramente una trasformazione, si lascia la propria anfora lì, vuota, perché è la vita che è piena e si corre. Si corre perché ogni incontro con il Signore spinge incontro ai fratelli. Annunciare diventa un’esigenza dell’anima; diventare testimoni è conseguenza logica di un evento di grazia che ha invaso la vita e che si ripeterà sempre per chiunque accoglie la parola di salvezza e Gesù come salvatore del mondo.

Suor Giuliana Imeraj

In questa seconda domenica di Quaresima, ancora all’inizio del cammino, Gesù ci offre un bagliore della luce della Pasqua per darci coraggio mentre avanziamo lungo la via, alla sua sequela e ci viene fatta udire la voce del Padre che ci invita ad ascoltare il suo amato Figlio.   Non possiamo essere veramente cristiani e crescere nella conoscenza di Dio e nell’amore, senza ascoltare Gesù, il Figlio unigenito del Padre mandato a rivelarci il suo amore.

Nella nostra quotidianità i momenti della prova non mancano, li viviamo in noi e fuori di noi; che cosa ci permette di essere fedeli e perseveranti, se non la certezza profonda che oltre la notte, c’è sempre la luce di un nuovo giorno?  Il Padre invita i discepoli ad ascoltare la voce del Figlio, accogliendolo nella propria storia, obbedendo alla sua Parola, seguendolo sulla via della croce, nella certezza che essa li porterà a contemplarlo nella gloria. A questa esperienza possiamo attingere nei momenti del dubbio e nella fatica di credere e di sperare, fatica che il Signore non ci evita, ma che sicuramente ci abilita al combattimento in vista della gloria.

Il cammino della Quaresima ci riguarda personalmente ed è un vero processo di trasformazione interiore che ha come fine la trasfigurazione della nostra vita in Cristo. E’ un processo interiore che non può essere rimandato ed esige l’accoglienza quotidiana di ciò che l’apostolo Paolo indica come “una vocazione santa”.

Come Abramo, come Paolo sulla via di Damasco, come i discepoli che “caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore”, anche noi siamo chiamati a lasciarci trasformare dalla luce che risplende sul volto di Cristo. Il tempo di Quaresima è l’occasione per accogliere l’invito del Signore che ci conduce “in disparte” per farci vivere ciò che Egli stesso ha imparato da ciò che ha patito nel deserto della tentazione. La sua Parola: “Alzatevi e non temete” ci rincuora, ci ricorda che nei momenti oscuri non siamo soli, Egli è sempre al nostro fianco e sostiene il nostro cammino.

Signore Gesù, che prima della passione hai mostrato ai tuoi discepoli il tuo volto di gloria, invita anche noi a salire con te sull’alto monte della preghiera. Nel silenzio e nel raccoglimento, fa’ che sentiamo risuonare nel cuore la tua Parola, che è luce ai nostri passi e sostegno per affrontare con fede il quotidiano cammino della vita.

suor Annafranca Romano

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Nel nostro nome "Piccole Missionarie Eucaristiche" è sintetizzato il dono di Dio alla Congregazione. Piccole perchè tutto l'insegnamento di Madre Ilia sarà sempre un invito di umiltà, alla minorità come condizione privilegiata per ascoltare Dio e gli uomini.
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