Il testo evangelico di questa domenica ci propone un attacco molto duro di Gesù verso gli scribi e i farisei, diventati nel mondo cristiano figure tipologiche, che incarnano perfidia, ipocrisia ed orgoglio. Gesù osserva, vede, comprende, discerne, è vigilante e trae dalla concreta realtà lezioni di vita. Nota che ci sono  alcuni che versano nel tesoro del tempio grandi somme di denaro; ma non gli sfugge  tra tutti una donna, per di più vedova, una persona che non conta nulla in un mondo dominato da uomini. Questa povera donna avanza tra molti altri, nella sua umiltà e sembra che nessuno la consideri. Gesù, invece, la nota e l’addita tra tutti come la vera offerente, la persona capace di fare un dono, di dare gloria al Signore . Costei getta solo due spiccioli, due piccole monete ed ecco che Gesù commenta il suo gesto furtivo. Con esso la donna, in silenzio, esprime la sua preghiera, la sua fede ,il suo  amore. L’obolo è insignificante, ma il dono è totale; tanto più grande quanto meno lo ostenta,  anzi cerca di nasconderlo. Gesù l’ ha ammirato  e lodato, mettendo in evidenza ciò che davvero vale. Anche nei nostri confronti, Egli non misura in cifre quello che doniamo, ma in amore; lo valuta secondo il metro dei valori interiori, arriva al cuore, è attento ai più piccoli gesti da noi compiuti per il bene degli altri; nulla è piccolo quando parte dalla pienezza del cuore. Donare come la vedova, è donare come fa Dio, che offre la sua stessa vita divina. Il testo interpella ogni credente sul come  dona: ”Dio ama chi dona con gioia”( 2 Cor 9.7); chi dona con gioia trova la sua ricompensa non nello sguardo ammirato degli altri uomini, ma nell’amore di Dio.Donare diviene così esperienza di essere amati , più che espressione di protagonismo. Donando, entriamo nel cuore della vita, nella sua dinamica profonda. Non è la quantità che conta, ma il cuore; la fede della vedova è viva, le allarga il cuore, le dà la gioia di sentirsi figlia di Dio, così sicura del suo amore, da donare tutto quello che possiede. La misura della generosità non è da calcolare con il tanto o il poco, ma da quanto ci costa realmente il dono che offriamo: è troppo facile dare il superfluo, come fanno i ricchi. A Gesù non interessa il dono , ma chi lo dà; ed è la persona che dà valore al suo dono. Quella vedova ha voluto condividere  tutto quello che aveva; ha voluto che il suo poco fosse dono per gli altri, per Dio. Ha fatto un salto nel buio , si è disfatta anche di ciò che poteva creare una piccola sicurezza  umana, la sicurezza del concreto domani. Lo ha fatto, affidandosi totalmente a Dio, per condividere il suo bene con gli altri, ha davvero in sé l’amore di Dio e del prossimo. Questa vedova, sconosciuta dal mondo, è l’immagine del vero credente, del discepolo di Cristo; diventa per tutti noi maestra di vita, ci invita a dare tutto nel silenzio e nell’amore, e Dio che legge i cuori ricompenserà non la quantità dei gesti eclatanti, fatti per mettere in mostra noi stessi, ma la qualità, l’intenzione, ciò che è nel nostro cuore.  Chiediamo oggi al Signore di ammetterci alla scuola di questa povera vedova, che Egli fa salire in cattedra e ci lascia come maestra di vangelo vivo e chiediamo il dono di un cuore povero, ma ricco di generosità lieta e gratuita.

                  sr Annafranca Romano

Spesso siamo tentati a pianificare le nostre giornate in base alle priorità. Cosa fare per primo? Qual è l’impegno impellente che non possiamo assolutamente trascurare? E così portiamo avanti il nostro tempo ela nostra stessa vita con un elenco interminabile di cose da fare; fare, fare, fare, dimenticando la realtà più importante che è quella dell’amore; amore verso il Signore e amore verso il prossimo.

Questa è la consegna che Gesù ci fa oggi, in questa XXXI settimana del tempo ordinario, attraverso il dialogo con lo scriba, con il sapiente del tempo, con il conoscitore minuzioso e preciso della Parola. Eppure nonostante questa sapienza, lo scriba non è ancora pronro per il regno anche se non vi è lontano, dirà Gesù.

Anche noi possiamo incorrere nel suo stesso problema quando non riusciamo a comprendere che l’amore supera ogni legge e che il senso della nostra vita è amare Dio e unirci a lui per divenire come lui vivendo un amore capace di liberare e di far crescere e non di schiacciare e soffocare.

Allora qual è il primo dei comandamenti? La parola comandare significa mandare insieme. quindi la domanda potrebbe anche essere posta in questo modo: qual è la prima cosa da fare insieme? e la risposta di Gesù è bellissima e piena di significato infatti risponde citando un testo del Deuteronomio (6,4) che dice: ascolta Israele. con ciò il Signore ci ricorda che l’amore verso di lui nasce dall’ascolto, dalla frequentazione della sua parola, dallo stare con lui in atteggiamento di dicepolo perchè il “nostro” Dio e dunque noi in lui, in relazione con lui è unico.

Quanti signori falsi a volte ci abitano: potere, successo, possesso, denaro, carriera, sesso…tutte realtà con le quali non si può entrare in relazione, perchè non sono vive come il “nostro” Dio! Lui solo bisogna amare con tutta la nostra persona (cuore), con tutta la nostra vita (anima), con tutta la nostra intelligenza per conoscerlo sempre più e meglio (mente) e con tutti i doni che abbiamo di natura, di grazia e con tutti imezzi necessari che abbiamo a disposizione (forza).

Da questo che è il primo impegno scaturisce non come secondo ma come secondario l’amore verso l’altro, verso quel “tu” con il quale posso invece entrare in relazione. Ogni vero amore trova la propria fonte nel Signore che è amore! e come bisogna amare l’altro? Come se stessi, desiderando cioè per lui lo stesso bene che vogliamo per noi, mettendoci al suo servizio per divenire servi responsabili della sua vocazione, della sua vita, della sua storia.

Tutto si gioca qui! Non ci è data altra possibilità di vita all’infuori di questa.

Forse anche noi come lo scriba siamo d’accordo con questa risposta del Signore e la ripetiamo pure per imprimerla meglio in noi; ma l’amore non è questione di sapere bensì di esperienza dell’amore del Signore che diventa poi dono per l’altro. Fin quando saremo fermi su un piano di nozioni, di ripetizione, di sapere…saremo ad un passo dal regno ma non ancora nel regno che è la piena comunione con il Signore e con gli altri che condividono un pezzo della nostra storia.

Chiediamo al Signore di far sempre più esperienza di lui, di conoscerlo, amarlo, riverirlo e lodarlo sempre, in tutti i giorni della nostra vita nell’ascolto pieno e attento della sua parola.

suor Simona Farace

Il vangelo di Marco, che ci sta accompagnando durante tutte queste domeniche, ha come obiettivo rispondere alla domanda “Chi è Gesù?” e di conseguenza “Chi è il discepolo?”
Il vangelo di oggi, XXX domenica del Tempo Ordinario, ha come protagonista la figura di Bartimeo. Anch’egli ci aiuta a dare un ulteriore risposta a queste domande.
Bartimeo è un uomo cieco che vive nella città di Gerico. La sua condizione di vita lo obbliga a stare seduto e a mendicare.
La notizia del passaggio di Gesù fa rinascere in lui la speranza ed egli grida per attirare l’attenzione del Maestro invocandolo con il titolo di Figlio di Davide.
Fa così la sua professione di fede, si affida a lui implorando la sua misericordia.
Gesù nella sua lungimiranza si ferma, riesce a scorgere cosa c’è nel cuore di quell’uomo e lo fa chiamare suscitando in lui un enorme entusiasmo.
Anche a lui Gesù, come ai due fratelli della scorsa domenica, chiede “Che cosa vuoi che io faccia?”. Alla supplica di Bartimeo corrisponde il miracolo perché Gesù riconosce la sua grande fede.
La figura di Bartimeo rappresenta ognuno di noi, che tante volte presi dallo smarrimento e dall’incertezza sembra che i nostri occhi non vedano vie di uscita.
Gesù attraversa le nostre strade, ha compassione delle nostre infermità, condivide le nostre debolezze. Egli però ci interpella, chiede che cosa vogliamo veramente; Gesù può colmare i desideri più profondi del nostro cuore, ma nel dialogo con lui dobbiamo prendere coscienza di cosa realmente vogliamo e assumercene la responsabilità.
Il Signore illumini gli occhi del nostro cuore e ci doni la gioia e la forza di percorrere, dietro a lui, la via che ha tracciato per ognuno di noi.

suor Assunta Cammarota

Il tema di questa 29^domenica del tempo ordinario è il servizio e cade proprio nella Giornata Missionaria mondiale…una bella coincidenza.

Nel Vangelo di oggi Gesù chiarisce quale sia la missione del discepolo, quale siano i termini e le condizioni nel Regno di Dio, quale il suo orizzonte. Il Vangelo si apre con una richiesta dei fratelli Zebedeo, quelli che avevano lasciato l’azienda ittica del papà e le reti da riassettare sulla spiaggia per seguire il maestro: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e una alla tua sinistra”…Una richiesta che dimostra quanto in realtà i discepoli non avessero capito molto dell’annuncio di Gesù, della sua identità e missione e quanto siano lontane le ambizioni dei due giovani dal testo programmatico delle beatitudini, che pur avevano ascoltato.

I due non hanno ancora compreso la logica capovolta del Vangelo e non riescono ad accogliere la sua prospettiva che vince chi perde, regna chi serve, è primo chi è ultimo, è più grande chi è più piccolo…I discepoli sono sconvolti e spesso anche a noi i contano non tornano. E’ nella natura degli uomini il comando, il potere e aveva ragione quel politico di lungo corso, Giulio Andreotti, quando affermava: “Il potere logora chi non ce l’ha”. Gli altri dieci, infatti, non sono da meno, si indignano con Giacomo e Giovanni e contro quel loro privilegio rivendicato.

La logica del Vangelo va in un’altra direzione, possiamo accoglierla come rivelazione dall’alto, come dono…possiamo impararla, lasciandoci educare: “L’essenziale è la trasformazione del nostro cuore che è piccolo, chiuso, egoistico, in un cuore che diventa, come il cuore di Cristo, in comunione di amore, di dedizione, di offerta assoluta di se stesso per gli altri” (Vannucci G.).

Educarci ed educare al servizio, ritrovando le motivazioni profonde e sentendone tutta la responsabilità rispetto alla vita e al mondo. La 92^ Giornata missionaria mondiale, che oggi celebriamo, è un invito e uno stimolo in questa direzione: “Giovani per il Vangelo”.

Viola Mancuso, pme

Il testo evangelico di questa domenica ci invita a riflettere sull’esperienza di un “tale” che corre incontro a Gesù, pieno di slancio e desiderio, e portando nel cuore grandi domande ed attese, vuole sapere come vivere secondo la logica di Dio.

E’ corretto ed onesto nel suo porsi: sa che la salvezza si riceve in eredità se la si desidera con cuore puro. Gesù lo accoglie con simpatia, gli chiede di osservare i comandamenti, concentrandosi su quelli rivolti all’uomo. Il ricco risponde di averli sempre osservati fin dalla giovinezza. Gesù lo ama e lo fissa. Uno sguardo di bene, che vede il positivo e gli chiede di lasciare le ricchezze, di condividere i suoi beni, di entrare nella logica di chi si sente fratello, di chi sa che la ricchezza è dono di Dio. Ma egli non se la sente, resterà ricco, ma triste. Non usa la sapienza invocata nella prima lettura. Non accoglie la spada della Parola, descritta dalla lettera agli Ebrei.

Gesù ama il giovane ricco, lo guarda con tenerezza, vede in lui una grande forza e la possibilità di crescere nella fede. ”Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo: e vieni! Seguimi!” (10,21).     Quello sguardo è la perla preziosa cercata a lungo, che permette di vendere tutto; è il tesoro nascosto nel campo, che una volta trovato, spinge a vendere tutto per comprare il campo. Gesù gli chiede di liberarsi di tutto per avere di più; di fare il miglior investimento della propria vita. La ricchezza può ingannare, può fallire; la pienezza è altrove ed esige un cuore libero e solidale. Ma egli preferisce rimanere intrappolato in se stesso, chiuso come in un guscio, intento a custodire e a non perdere nulla di quanto possiede. Osserverà tutti i comandamenti, ma non avrà la gioia, perché ha scelto di avere e non di essere.

Ha posto la sua sicurezza nei beni e non nelle parole di Gesù, che non propone la povertà, ma la comunione; lo invita ad aprire il cuore a chi non possiede nulla; i beni hanno un senso solo se vengono offerti e condivisi. Solo quando ci accorgiamo che siamo oggetto dell’amore di Gesù, riusciamo a scoprire che in forza di quell’amore si possono fare delle scelte radicali, l’orizzonte del nostro cuore si allarga; allora si può lasciare tutto e affidarsi alla sua potenza e fedeltà, seguendolo nel quotidiano cammino.

Quello che Gesù propone al giovane ricco e a noi oggi, non è tanto di spogliarci di tutto, quanto di essere uomini liberi. A Pietro che afferma: ”Signore, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio”? risponde: ”Avrete in cambio una vita moltiplicata, cento volte tanto in fratelli, sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”.

Seguire Cristo è lasciare tutto, per avere tutto. Il Vangelo chiede la rinuncia, ma solo di ciò che impedisce il volo, per scoprire che il vivere semplice e sobrio spalanca possibilità inimmaginabili. Chi segue Gesù avrà benedizione, avrà tutto, perché avrà Lui, che è il Signore della vita: ricchezza, tesoro che mai si consuma.

sr Annafranca Roman

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Nel nostro nome "Piccole Missionarie Eucaristiche" è sintetizzato il dono di Dio alla Congregazione. Piccole perchè tutto l'insegnamento di Madre Ilia sarà sempre un invito di umiltà, alla minorità come condizione privilegiata per ascoltare Dio e gli uomini.
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